domenica 8 luglio 2007

Domenico Foglia, giornalista

Domenico Foglia, giornalista
di Walter DE BERARDINIS
Domenico Foglia è nato a Teramo nel 1955, ma vive e risiede a Giulianova. E' giornalista, saggista e novelliere. Si è formato presso la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali e l'Università la Sapienza di Roma. Dopo la Laurea in Scienze Politiche, ha conseguito la specializzazione in Diritto Sindacale e del Lavoro. Ha pubblicato il volume "I permessi per lo svolgimento dell'attività Sindacale" (L'Autore Libri Firenze) ed alcune novelle nelle raccolte 1992,1993,1994 dell' Antologia Poeti e Novellieri edita dalla casa Editrice Silver Press di Genova; nel 2001 ha collaborato al volume "Tutto l'Abruzzo nel cielo della C", pubblicazione sul calcio abruzzese curata da Panfilo Monaco, Edizioni EdC; nel 2002 ha scritto la prefazione al volume "Padre Serafino, quando il Vangelo si fa vita", di Francesco De Lucia, Edizioni Edigrafital. Ha iniziato la sua carriere giornalistica collaborando al quotidiano Il Messaggero. Nel 1994 e 1995 è stato collaboratore del quotidiano Le Notizie (pubblicato in tandem con La Stampa), del quale ha diretto per alcuni mesi la redazione di Giulianova. E' stato Direttore Responsabile delle testate Amici della Cultura ed Informacittadino, ( Organo d'informazione dell'Amministrazione Comunale di Giulianova, uno dei primi esempi di bollettini municipali in Italia). Ha lavorato al Servizio Relazione Esterne della Società Autostrade, dove attualmente è funzionario dell'ufficio legale con incarico di Procuratore Speciale. Come giornalista free lance collabora a varie riviste quali Il Finanziere, Regione Abruzzo, Cicloturismo, Autostrade Cronache, Autostrade Informa, L'eco di San Gabriele e L'Araldo Abruzzese. Sposato con tre figli, tra i suoi hobby merita un posto particolare la bicicletta, con la quale percorre annualmente circa 15.000 km partecipando a raduni nazionali ed internazionali. Tra le sue "imprese" figurano La Maratona delle Dolomiti (1999 e 2004), La Nove Colli di Cesenatico (1997 e 2004), la Dieci Colli Bolognesi (1998,2000,2005 e 2006), La Fausto Coppi del Fauniera (2005). Altri hobby che occupano la sua vita ci sono tra l’altro: fotografia, lettura e viaggi.

Luigi Crocetti

Luigi Crocetti
di Walter DE BERARDINIS
Nel corso del convegno dell’AIB – Associazione Italiana Bibliotecari, svoltosi la scorsa settimana a Giulianova, abbiamo avuto modo di apprezzare e vedere di persona, nel corso del convegno, il Dott. Lugi Crocetti.
Non credevamo che una personalità così conosciuta ed apprezzata nel mondo accademico italiano e internazionale, fosse un autentico giuliese.
Luigi Crocetti, nasce a Giulianova il 20 febbraio del 1929, poi verso i cinque anni, siamo negli anni ’30, si trasferisce con la sua famiglia fuori da Giulianova. Approderà a Firenze, studia prima al Liceo Classico e poi entra all’Università di Firenze scegliendo l’indirizzo della Facoltà di Lettere. Nel frattempo, vince il concorso per entrare di ruolo nel sistema bibliotecario nazionale. Durante la sua lunghissima attività nelle biblioteche statali, approfondisce e studia l’intero settore.
Dal 1987 al 1981, organizza corsi di formazioni per bibliotecari in Toscana.
Tale attività lo porterà alla pubblicazione di: Archivi e Biblioteche della Toscana; Inventari e Cataloghi della Toscana; Quaderni di Lavoro; ecc.
Luigi Crocetti, a sinistra del V. Sindaco Francesco Mastromauro

In questi giorni (maggio 2005), durante il convegno, l’amministrazione giuliese ha consegnato una targa ricordo all’illustre giuliese che, con i suoi 75 anni, ritorna da protagonista nella sua amata Giulianova.

Lino Manocchia, giornalista

Lino Manocchia, giornalista e figlio d'arte.
di Walter Di Berardinis, tratto da Abruzzopress (Agenzia Giornalistica diretta da Marino Solfanelli).

NEW YORK, 5 Giugno ’06 – Lino Manocchia racconta gli anni della giovinezza a Giulianova, gli studi al Collegio aeronautico di Forlì, l'incontro con il Duce, la guerra, il dopoguerra, l'arrivo negli Usa, il Bronx e la sua carriera giornalistica negli anni del boom. È nota la sua passione per il giornalismo che, sembra, non possa sfuggire all’era di Internet. È uomo poliedrico e dai mille interessi. Le sue passioni: la penna (oggi il pc) e i motori di cui è esperto ed appassionato, le auto da corsa che nacque dopo una intervista che gli concesse il grande Tazio Nuvolari, prima di una importante edizione della “Coppa Acerbo” di Pescara.
In questa intervista Lino racconta la sua vita di oggi, di abruzzese negli Usa, e del suo attaccamento alla regione che lo ha visto nascere, della sua giovinezza, della guerra, dell’incontro con il Duce e dei personaggi del cinema da lui intervistati.

Lino Manocchia, che ricordo hai della tua giovinezza?

«Sono nato a Giulianova da padre giuliese, Francesco Manocchia, giornalista illustre e scrittore, figlio di Pasquale e Lucia Macellaro, nato il 6 marzo 1890 e morto il 29 febbraio 1944, e da madre toscana, Filomena. La mia infanzia è trascorsa tra i nonni materni ed i genitori, i quali, un bel giorno, ricevettero dai due fratelli paterni (Gino e Marino, proprietari di una fabbrica di tabacchi in Pensylvania) i biglietti che li avrebbero portati in America. Ma la nonna, Lucia Macellaro, di salute cagionevole, convinse mio padre a restare a Giulianova, ove sono cresciuto, ho studiato e ho iniziato a scrivere sui giornali mentre frequentavo il Regio Istituto Tecnico “Raffaello Pagliaccetti”. Ricordo ancora i miei compagni di scuola: Renato Campeti, Carlo Marcozzi, Guido Pompei, Ernesto Ciprietti, Dante Paolini (poi famoso giocatore della serie A), Epimerio Taffoni e tanti altri che oggi non ci sono più».

E poi cosa hai fatto?

«Ho completato gli studi nel Collegio Aeronautico “Bruno Mussolini” di Forlì; divenni aiutante di campo del Colonnello Moore col quale, fui trasferito a Mostar (oggi ex Jugoslavia). Anche a Forlì mi feci avanti un bel giorno, stringendo la mano al Duce, in visita al Collegio».

Hai stretto la mano al Duce?

«Certo! Ricordo un episodio curioso. Al termine della cerimonia, il redattore dell’Eiar (la Rai dell’epoca) dettò il resoconto ad un aviere addetto all’ufficio. Ma, poverino, col sudore che gli colava dalla fronte ed il tremore che lo scuoteva, non riuscì a battere una riga giusta. Al che il Colonnello Moore mi chiamò e mi diede l’ordine di trascrivere il resoconto della giornata appena trascorsa. Mussolini, presente, si congratulò con me e chiese come mi chiamavo. Quando dissi il nome, il duce del Fascismo sorrise ed esclamo: “Il figlio di Francescuccio ?”».

Mussolini conosceva tuo padre?

«Sì. Mio padre, in quel periodo scriveva per il “Popolo d’Italia” il giornale più letto in Italia».

Cosa ricordi dell’armistizio dell’8 settembre?

«Una lunga odissea sui vagoni merci, i campì d’internamento tedeschi non si potevano definire certamente “umani”, ma meglio della morte erano. Quando ancora oggi mi chiedono perché non scrivo un libro-ricordo di tutte le vicende italiane e americane rispondo che ”La storia è quella che è, resta, ma il più delle volte si dimentica”. Perciò desidero dimenticare anche la Germania ed i suoi “lager”».

Quanto tempo sei stato rinchiuso?

«Tre lunghi anni. Solo al mio ritorno (nel 1945), seppi delle bombe cadute sulla mia casa (oggi dietro il Municipio) dove perse la vita mio padre Francesco e della triste situazione in cui si trovavano i miei tre fratelli (Franco, Benito ed Omero) e la mamma. Confesso che non amo tornare indietro nel tempo per dare dettagli di quei momenti, preferisco ricordare, semmai, la mia giovinezza, quando si correva la coppa Alleva per la festa della Madonna dello Splendore (festa della Santa Patrona di Giulianova) del 21 e 22 aprile, di 120 km e la mia partecipazione a bordo
della splendida Lancia Lambda di Pierino Di Felice al seguito dei ciclisti, e poi la banda di Introdacqua, diretta dal noto maestro Di Rienzo».

E poi c’era il calcio, quello vero di una volta…

«Era vivo e combattuto. I giocatori più in voga erano Paolini, Taffoni, Poliandri e Rossi. Memorabili le partite contro il Macerata, la Sambenedettese, la Fermana, il Teramo, il Chieti, il Vasto ed altre città impegnate nella serie C del 1947/48».

Ma a Giulianova ti ricordano anche per le splendide feste d’estate. Non è così?

«Sulla grande terrazza del Kursaal, allestivo serate splendide fatte di danze, canti ed elezioni di Miss Giulianova intorno al caratteristico “trenino di Santa Fè”. Purtroppo, dicono, il bello dura poco ed anche la permanenza nella mia città finisce rapidamente. Mi innamorai di Ada Di Michele, una magnifica e semplice fanciulla, nata nello stato americano dell’Ohio da Adriano Di Michele di Giulianova (ove aveva tanti parenti), e ci sposammo salutando gli amici di sempre come gli indimenticabili: Bruno Solipaca, Giorgio De Santis, Dante e Renato Granata, Claudio Gerardini, “Carluccio” Marcozzi, Renato Lattanzi, riuniti per la cena d’addio e tanti altri compagni. E raggiunsi gli States».

Come è stato l’impatto con il Nuovo Mondo?

«E’ una terra sconfinata, avvincente, aperta a chi ha volontà di lavorare e migliorare. Sono arrivato a New York nel marzo 1948 a bordo della nave Vulcania, una volta sbarcato entrai a far parte della famiglia di Adriano Di Michele nel rione del Bronx, a quei tempi definita la “Little Italy”, dove gli italiani intrecciavano discussioni serali pro e contro la Juventus, Inter o la Fiorentina. Dopo una breve parentesi, aprii un ristorante dal nome “Capri” insieme ad un cuoco sorrentino, ma dovetti vendere dopo soli 3 anni, essendo impegnato con il mio vero lavoro: la Voice of America, la Rai e altri giornali, nonché un programma televisivo settimanale sulla rete WEVD ed uno radiofonico sulla WHOM».Tramite la Voice of America ho avuto modo di intervistare cinque Presidenti degli Stati Uniti.

Hai intervistato moltissime star del cinema (per noi ultimamente hai incontrato Paul Newman)…

«Sì ne ho incontrati proprio tanti. Di tutti conservo ancora le preziose e rare foto d’epoca. “Era un’altro mondo fatto di balletti, eleganza, snobismo”. Era la copia di Hollywood spostata a New York e Washington. Mi ambientai rapidamente intervistando la lunga schiera dei personaggi del mondo della celluloide, come Frank Sinatra (nella foto in alto insieme a Walter Winchell il più famoso giornalista Usa. (Lino è il primo da sinistra ndr ), Dean Martin, Perry Como, (Foto con Lino)(questi due abruzzesi) e tanti altri illustri personaggi. L’America mi “ingoiò” letteralmente».

Sei stato circa 10 anni a Little Italy e poi ti sei trasferito…

«Esatto, nella zona di Westchester, divenuta una delle più ricche degli Stati Uniti, ad un tiro di fucile dagli aeroporti che usavo quasi settimanalmente per portarmi nella varie città dove si svolgeva una manifestazione sportiva. Infine nel 2000, la famiglia decise di “espatriare” cercando un luogo calmo, pacifico, capace di ispirare l’arte di mio figlio Adriano e anche la mia verve giornalistica . La scelta cadde su Cambridge, a nord dello stato di New York, distante 3 ore da Montreal, 3 da New York, un’ora da Saratoga spring, famosa per il suo ippodromo e un’ora anche da Albany, capitale dello stato della “Grande Mela”, e mezz’ora dal Vermont ricercato posto montano di sci».

Sembra un paesaggio da sogno che la maggior parte degli Italiani conosce solo grazie alla Tv e ai film
«In effetti un magnifico fiume sfiora oggi la nostra tenuta, dove Adriano e gli amici effettuano battute di pesca, tanti ettari di terreno verde, alberi secolari ed un garage capace di ospitare 9 macchine antiche, passione di mio figlio e del giovane Adriano Jr.. E’ veramente un paradiso che credo di meritare, dopo una incredibile carriera pluridecennale».
Ci sarebbero veramente tantissime cose che vorrei ancora chiederti… magari, però, ripensaci: quel libro dei ricordi scrivilo: anche solo la parte americana basterebbe.
Grazie Lino e buon lavoro.

Giuliana Sanvitale

Giuliana Sanvitale,

di Giulianova, laureata in Lettere presso l’Università di Urbino con una tesi su Salvatore Di Giacomo e la poesia napoletana, sotto il rettorato del Magnifico Rettore Carlo Bo, ha insegnato per un quarantennio presso vari ordini di scuole. Si è cimentata nella stesura di recensioni e relazioni, ha tenuto brevi conferenze e curato Laboratori di Poesia nelle scuole e corsi di aggiornamento sull’ Ermeneutica. Un suo adattamento dell’Epistolario di Leopardi è agli atti presso il Centro Nazionale di Studi Leopardiano di Recanati.
Ha vinto, a livello nazionale ed internazionale, oltre 17 primi premi, sia per la poesia che per la narrativa, numerosi secondi e terzi premi, medaglie d’oro, d’argento, medaglia del Presidente della Repubblica, premi speciali della giuria. Sue opere sono inserite in numerose Antologie e Riviste letterarie fra le più prestigiose d’Italia.
Ha pubblicato le sillogi “E le donne…”, premio D’Annunzio 2002,
“Acquaria” , 2° premio Poesia & Rete di Trapani, 2°premio internazionale Recchiuti di Teramo, 2006
“Frammenti e Aforismi” 1° premio Como
Nel 2004 ha editato il romanzo autobiografico “ I cibi della memoria” , finalista a Massa Carrara e a Basilea.
Nel gennaio 2008 ha pubblicato il libro di poesie “ Treno in corsa – Treno in sosta” per la casa editrice Andromeda, 4°premio internazionale a Basilea, 1° premio internazionale “ G. Recchiuti” Teramo 2009.
Nel dicembre 2009 ha editato presso la casa editrice Ricerche & Redazioni il romanzo “Angeli”, il cui nucleo iniziale nel 2005 aveva vinto il 3°premio internazionale di Basilea.
Nel maggio 2007 ha ricevuto il “Premio Donna città di Teramo” per la Letteratura e la Poesia ed è stata definita “una delle più interessanti espressioni della cultura contemporanea abruzzese.”
A gennaio 2008 ha vinto il primo premio nel concorso letterario ”Racconti delle donne abruzzesi” alla Regione col racconto “L’Assenza”. E’ inserita nell’Antologia MediaLibro dell’Albo degli scrittori, fa parte dei “Poeti on line”, ha un sito Internet in Poeti e Poesia ed ha ricevuto la nomina di “Socio Onorario dall’Associazione degli Scrittori Italiani.”
Dal 2004 insegna presso l’Università della terza età e del tempo libero di Giulianova.

Cristina Mosca, giornalista




Cristina Mosca, giornalista e scrittrice

di Walter DE BERARDINIS

E’ una bellissima ragazza, ma anche intelligente e preparata, stiamo parlando della giuliese, Cristina Mosca, scrittrice di sicuro talento. Nata a Giulianova 29 anni fa, vive e lavora a Pescara sua seconda città. Ha un curriculum da invidiare per la sua giovane età.

Negli ambienti culturali della nostra città è conosciuta per la sua prima pubblicazione dal titolo: “Chissà se verrà alla mia festa”, pubblicato da Schena editore. Per il suo primo lavoro letterario ha vinto il premio di narrativa “Valerio Gentile”. Uno dei tanti concorsi dove si cimenta la nostra concittadina. Fin dall’età di 10 anni ha cullato i suoi sogni scrivendo poesie, poi a 17 anni il primo premio. Ama tanto la scrittura che, lavorando per alcune testate giornalistiche e per numerose redazioni culturali, sua grossa passione. Nella scrittura, la nostra Cristina, esorcizza le sue paure, ma anche le sensazioni e le fantasie della vita. Nel suo primo libro che, sembra autobiografico, ci sono tre personaggi del vivere quotidiano ma che rappresentano tre stili di vita inconciliabili tra loro. Come tutti gli aspiranti scrittori, ha dei riferimenti di fama, una su tutte la Jennifer Weiner. Intanto già sta scrivendo un nuovo racconto, che sarà ambientato molto probabilmente ancora nella sua città d’adozione, Pescara. Non nasconde, però, che la sua fortuna maggiore sta nel vivere in una piccola metropoli come Pescara, che le permette di studiare e lavorare in totale libertà. Noi, gli auguriamo tanta felicità per la sua nuova professione, chi sa che un giorno non la ritroveremo tra qualche premio importante, Brava.Di Lei sappiamo che è una curiosa, irriverente, non riesce a dire di no fino a che c'é da imparare. Si diverte sempre in quello che fa! Ma soprattutto scrivere, il più possibile, per Lei è molto importante. Una certa voglia di dare voce a chi non ne ha, sia stando dietro ad una cattedra o davanti una telecamera. Oltre ad essere insegnate, svolge l’attività di Giornalista-pubblicista. Dal gennaio 2008 è Direttore responsabile della rivista di enogastronomia abruzzese e promozione del territorio “C come Magazine” http://www.c-magazine.ite/ e del quadrimestrale di cultura e arte “L’Urlo”, edita dall’Associazione Culturale “Piazza Dante” di Giulianova (TE) – http://www.piazzadante.net/ . Dallo scorso aprile, conduce numerosi uffici stampa con la sua nuova società, la “Modiv Snc”, nata ufficialmente lo scorso 8 aprile. Dopo la sua opera prima, “Chissà se verrà alla mia festa”, nel 2006 ha pubblicato la raccolta di poesie "Pierrot scalzo" (Tracce) e l’anno dopo, nel 2007, "E donne infreddolite negli scialli" (Schena Editore).
Il suo curriculum: Scuola di Specializzazione all’Insegnamento Secondario “Raffaele Laporta”, presso l’Università degli Studi "G. D'Annunzio" Chieti-Pescara. Specializzanda Indirizzo Lingue Straniere Inglese. 1999 – 2003, Università degli Studi “G. D’Annunzio” Pescara. Laureata in Lingue e Letterature Straniere in data 11/11/2003, Tesi in Lingue e Letterature Angloamericane: “William Shakespeare nell’Opera lirica: dal San Cassiano di Venezia all’Astor Place di New York”.Votazione 110/110 con lode. Parla e scrive correttamente due lingue, Inglese e Tedesco. Ha curato gli uffici stampa di: Novembre 2005 a Giugno 2006, III Laboratorio di musica antica, Conservatorio di Pescara; Addetto stampa (radio e televisioni) del laboratorio musicale del prof. Massimo Salcito; Novembre a Dicembre 2005, Centro di alta formazione per professori d’orchestra “Progetto palcoscenico”, Pescara; Portavoce stampa della direzione artistica di “Progetto palcoscenico”; Da settembre 2004, presso l’Associazione Culturale di Musica Antica “Ensemble
Collaboratrice esterna in Cultura, Spettacoli e terza pagina di periodici e quotidiani quali “Abruzzo Oggi” (2003 – 2005), “Vario” (2005 -2007); testate dei gruppi editoriali “M&N Service” (2004 -) e Carisma (“Intercity Magazine”, “Mente Locale”, 2005 -); “Il Tempo d’Abruzzo” (marzo 2005 -). Da marzo 2009: addetta stampa di Legambiente Abruzzo. Dicembre 2008: “Mono Fest” e concerto “Pop porno”, Mono Spazio Bar, agenzia Mente locale (Pescara) Ottobre 2008: scambio culturale “Interart in Europe”, Conservatorio “Luisa d’Annunzio”, Pescara; “John lennon Tribute”, Wake Up!, agenzia Mente Locale (Pescara). Settembre 2008: “Tornareccio regina di miele”, Comune di
Tornareccio (Ch). Da settembre 2008: addetta stampa del musicista di jazz fusion
Gianfranco Continenza Luglio -agosto 2008: “Un mosaico per Tornareccio”, Comune di
Tornareccio (Ch). Giugno 2008: “Pescara Barrio Flamenco”, associazione culturale
Mediterra (Pescara); manifestazione musicale “RisonanzExpò”, associazione Kamerton, agenzia Mente Locale. Aprile -giugno 2008: manifestazione teatrale itinerante “Migranti”, Rete Teatri d’Abruzzo, agenzia Mirror (Roseto, TE). Da marzo 2008: manifestazione artistica “Vivi il tuo spazio”, associazione culturale ASC ArteSuoniColori (Rosciano). Novembre 2007: convegno “Il passaggio generazionale nell’impresa”, Associazione Giovani Avvocati Abruzzo. Da ottobre 2007 : Addetta stampa associazione culturale Deposito dei Segni, Spoltore (Pe). Settembre 2007: “Abruzzo Mineral Show”, associazione di Scienze Naturali ANTEO (Pescara). Novembre 2006: Campagna “Qui Puoi”, Federfarma Abruzzo, agenzia Ludago (Pescara). Marzo 2006: “Salone dello studente” a Montesilvano, Class Editori. Da agosto 2004: Addetta stampa associazione culturale di
musica antica Ensemble ‘900. ‘900”, Pescara; Addetto Stampa dell’associazione presieduta dal prof. Pierluigi Mencattini; Settembre 2005, Solari Produzioni, Roma; Addetta stampa della tappa pescarese del tour di Fiorello Volevo fare il ballerino a.a. 2003/2004, Università degli studi “G. d’Annunzio”, Pescara; Addetto Stampa del gruppo teatrale universitario in lingua originale Merry Devils Group of Players. Nel 2006 ha pubblicato la raccolta di poesie "Pierrot scalzo" (Tracce) e nel 2007 ho pubblicato anche "E donne infreddolite negli scialli" (Schena Editore).

Per contatti: E-mail: crimosca@gmail.com e il suo Sito web: www.cristinamosca.it (da cui accesso al blog http://cristinamosca.splinder.com)

Josè Maiorani

Josè Maiorani
di Walter DE BERARDINIS
E’ nato a Berna (Svizzera) il 10 luglio 1963, residente a Giulianova, Architetto. E’ Dirigente dell’Ufficio Tecnico dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica in Città del Vaticano; Docente di Architettura del Paesaggio presso l’Università Telematica G. Marconi di Roma; svolge anche l’attività di libero professionista a Roma in via delle Grazie, 3 ed a Giulianova collabora con lo Studio Armonia del Geom. Gabriele Tomassetti e Peppino Palladini. E’ consulente tecnico della Caritas Internationalis, dell’Ordine dei Chierici Regolari Teatini e delle Suore Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta. Tra le opere più importanti realizzate e seguite sono stati: il restauro del Palazzo annesso alla Chiesa di San Carlo ai Catinari a Roma, sede del Centro studi Polacchi in Piazza B. Cairoli, durato più di tre anni; la Ristrutturazione degli uffici Apsa siti nella Prima Loggia del Palazzo Apostolico in Vaticano, progetto che ha destato importanti consensi; Ha seguito la nuova sede della Scuola di Biblioteconomia della Biblioteca Apostolica Vaticana, scuola questa frequentata in passato da molti giuliesi; Circa 10 sale di riunione, tra cui le più belle quelle della Congregazione delle Cause dei Santi e quella della Congregazione per la Dottrina della Fede nel Palazzo del S. Uffizio, ai tempi in cui il prefetto era l’attuale Papa. Oltre al lavoro di Architetto, ha realizzato un brano musicale con il M° Frisina – Llama de amor viva (a giulianova pubblicato sul sito web nella sezione Saranno famosi di www.giulianova.it) e uno con Mina, Nada te turbe, anche se il testo poi edito è stato modificato (ma gli sono rimasti i diritti d’autore), anche il testo italiano del Cantico del Giubileo del M° Morricone in parte è suo - la prima stesura era solamente la sua – poi ha dovuto cedere i diritti ad altri, la stesura finale fu di Migliacci che trasformò in cigno un brutto (ma non troppo) anatroccolo. Qualche anno fa fu contattato anche da Mario Cherubini (il papà di Jovanotti), suo carissimo amico, perché il figlio cercava nuove idee da musicare, ma fu in un momento intenso del suo lavoro e non accetto (con suo evidente rammarico). Ecco i titoli: Llama de amor viva (liberamente tratto da uno scritto di S. Giovanni della Croce) musiche di M. Frisina – cantata da Paola Cecchi. Incluso nel CD commemorativo del Grande Giubileo dell’Anno 2000 intitolato “Magnificat”. Nada Te Turbe (liberamente tratto da una poesia di S. Teresa d’Avila) musiche di M. Frisina – cantata da Mina, Incluso nel Cd di Mina intitolato “dalla Terra”.

Margherita De Berardinis


Intervista a Margherita De Berardinis
Missionaria laica del VIS – Volontariato
Internazionale per lo Sviluppo
Una giuliese protagonista in terra africana

di Walter De Berardinis

È nata a Giulianova 55 anni fa, dall’età di 20anni ha sempre avuto l’attenzione per le persone in difficoltà. Ha sempre pensato di partire per il continente africano, poi gli eventi e i destini si sono fermati a Roma, dove si è sposata ed oggi ha due figli. Dirige un negozio di arredamenti sacri proprio vicino alla Città del Vaticano. La voglia di aiutare gli altri è stata sempre una sua prerogativa, ed infatti ha aiutato un bambino di due anni in difficoltà familiare; poi un ragazzo con problemi fisici, poi operato alla schiena al Bambin Gesù di Roma, era un ragazzo di colore del Kenia; poi da circa 10anni ha adottato un ragazzo romano. Oggi, tutti la chiamano mamma.


Da molti anni, avendo un’attività commerciale che le permette di stare a contatto con diverse realtà del mondo è stata coinvolta nel VIS-Volontariato Internazionale Sociale di Roma, per aiutare i paesi del terzo e quarto mondo. In particolar modo il continente africano: Angola, Congo e Burundi, i tre paesi del centro-africa colpiti dalla guerra civile. Essendo un ONG – Organizzazione Non Governativa è partita come Missionaria laica. Noi le abbiamo fatto alcune domande.
Margherita come funziona e come si entra in una ONG?
Nel mio caso specifico io sono entrata nel VIS di Roma, ma ci sono tantissime ONG sparse per il paese. Il primo anno devi frequentare una sorta di corso e comunità che ti prepara ad affrontare le varie fasi dell’assistenza, perché è veramente dura andare in quei posti, se non sei preparata il giorno dopo scappi, vi posso assicurare che non è una passeggiata, li la gente soffre davvero.
Quindi tecnicamente come avviene l’inserimento?
Si parte con un gruppo di 10-12 persone per fare un percorso formativo, per capire il meccanismo di cosa succede nei vari paesi del mondo. Quello che fanno vedere in televisione è la punta di un iceberg, sono solo lo strumento per chiedere aiuto in termini economici, poi ci si scontra con la dura realtà della vera miseria. Di solito chi termina questo percorso formativo rimane fino alla fine. Per capirci, chi parte per i paesi poveri non va per farsi il viaggetto, tra l’altro se lo pure paga ed non si viene neanche rimborsati. Chi ha anche possibilità di donare qualcosa lo fa nelle missione dove sarà destinato. La prima volta ci si sta almeno un mese, almeno per capire ed elaborare il dolore che provano queste persone, poi le permanenze si allungano.
C’è una figura tipo del missionario laico che parte per questi paesi?
No! Ci sono giovani e meno giovani, ricchi e meno ricchi, con bassa scolarizzazione fino ad arrivare al manager dei tempi nostri, insomma oltre ad essere per forza maggiorenni il resto non conta, le missioni sono aperte a tutti.
Come è una giornata tipo? Cosa fa un missionario laico?
Naturalmente posso risponderLe solo per quello che ho vissuto io in prima persona, ogni missionario ha una propria giornata tipo. Io sono stata in Africa tre volte, mentre mio marito ben 5 volte consecutive. I mesi sono stati da 1 a 3 mesi, certo che c’è gente che fa un esperienza di vita anche di due e più anni. Addirittura conosco una coppia di miei amici che si sono portati dietro anche i loro figli in Brasile. Ritornando alla sua domanda, Le dico subito che di solito si arriva in una missione già individuata, io sono andata in una missione gestita dai Salesiani. La mattina la prima cosa che facciamo è la preghiera, ma non per un discorso asettico, ma per darci forza tra di noi, guardi che ogni giornata è dura. Poi iniziano le varie attività, c’è chi si occupa dei più piccoli facendoli giocare; ci sono i ragazzi che devono seguire le lezioni scolastiche; ma ci sono anche i più grandi che iniziano le esperienze lavorative nei laboratori.
Cosa ti lascia dentro un’esperienza di queste?
Non ci sono parole, quando guardi lo sguardo di questi ragazzi veramente riconosci la sofferenza, ma anche la gioia nei loro occhi per ogni gesto che fai, anche un sorriso per loro è speranza. Spero che la gente certe volte possa trovare un momento di pausa della loro vita per dedicarsi alla sofferenza verso gli altri. Io lo spero

Francesco Barnabei, il decano degli arbitri

Francesco Barnabei
decano degli arbitri abruzzesi

di Walter De Berardinis

Francesco Barnabei nasce a Giulianova all’una di notte del 14 marzo 1909, nella casa posta tra Via Mazzini e Corso Garibaldi.
Francesco è il sesto di sei figli - gli altri erano Livia, Olga, Giacinto, Umberto, Francesca (Chicchì), Cleomena e Chiara (Rina) - di Alfredo Raniero, originario di Colonnella e primo direttore dell’Ufficio Postale di Giulianova, e di Agnese Cantarelli. Per successione, come da regolamento dell’epoca, Francesco sarà nominato a sua volta direttore delle Poste di Giulianova, in sostituzione del papà Alfredo. L’Ufficio Postale era proprio sotto la casa paterna, ed attraverso una botola si poteva accedere dal piano superiore. Nel 1938, per esigenze d’ufficio, Francesco si raccomandò ad alcuni amici per trovare una ragazza da poter inserire nell’ufficio postale da lui diretto: la prescelta sarà un’avvenente diciassettenne giuliese, Lida Ciabattoni, fresca di studi.
Il lavoro quotidiano, tra bolli e posta da smistare, renderà possibile far sbocciare tra i due un tenero amore che li porterà alla fine della guerra, il 13 luglio 1946, ad unirsi in matrimonio nella chiesa di Sant’Antonio, proprio vicino alla casa paterna della moglie. Dall’unione nacquero Alfredo, Antenore (Nino per gli amici) e Sandro, oggi noti e stimati professionisti. La prima passione che Francesco coltivò, e che lo accompagnerà fino alla fine della sua vita, sarà il sassofono, suonato in solitudine o in compagnia degli amici.
Ma accanto alla passione per il sassofono, Francesco coltiva anche quella per lo sport e in modo particolare per l’arbitraggio, che lo terrà impegnato quasi tutte le domeniche. La data d’inizio dell’ingresso ufficiale di Barnabei nel mondo dell’arbitraggio è quella del 20 marzo del 1939, quando da Ancona riceve l’autorizzazione all’iscrizione alla CITA - Gruppo Arbitri Marchigiani “Ernesto Fogola” di Ancona. Essendo sotto il periodo fascista, gli verrà chiesta, oltre ai normali certificati medici-sportivi, anche l’iscrizione alla GIL - Gioventù Italiana del Littorio, insieme con l’iscrizione al Partito Nazionale Fascista. Barnabei non si fa pregare due volte: seguendo la sua passione per la casacca adempie a tutti gli obblighi sicché, il 2 aprile 1939, può finalmente partecipare alla sua prima gara ufficiale da arbitro, dirigendo l’incontro tra la Società Sportiva Sambenedettese Allievi e il Gruppo Sportivo Giovani Studenti sempre di San Benedetto del Tronto, gara valevole per il campionato della sezione propaganda Fascista di Ascoli Piceno.
Già in una rara foto ufficiale del Giulianova Calcio - siamo negli anni ’20 - compare con gruppo di amici in tenuta ginnica. Spesso e volentieri, per la carenza dei mezzi, si serviva della sua inseparabile bici per raggiungere i campi di calcio del teramano spingendosi fino a Montesilvano, come accade per un partita del Penne calcio, dove la corriera della squadra avversaria lo caricò proprio allo svincolo della città pescarese. Fino al 1951 eserciterà la funzione di arbitro, per poi proseguire come guardalinee CAN fino al 1954. Fu anche arbitro fino alla serie B e guardalinee persino in alcune partite della serie A.
Dalla stagione successiva e fino al 1958 sarà anche nominato Commissario Speciale della IV^ serie. Il 21 giugno del 1965 il Coni-Figc lo nomina Arbitro Benemerito della Federcalcio, insignendolo di una medaglia e consegnandogli la tessera che gli consente l’accesso a tutte le manifestazioni sportive sul territorio nazionale. Lo stesso Presidente dell’epoca, Giuseppe Pasquale, gli scriverà una toccante lettera di ringraziamento per la lunga carriera. Nel 1974, la sezione dell’AIA, cioè l’ Associazione Italiana Arbitri, gli conferirà il premio di decano e pioniere dell’arbitraggio per i suoi 48 anni di servizio ininterrotto.
Nella sua lunga carriera molti sono gli episodi che lo vedranno protagonista di quel periodo a cavallo dell’ultima guerra mondiale. Francesco amava ricordare una partita in cui per sbaglio fischiò un giocatore che stava facendo gol: tutti si fermarono, ma la palla fatalmente entrò lo stesso in rete e Barnabei indicò subito il dischetto del centrocampo, tra le proteste degli avversari. In un’altra partita fu rincorso da una delle due tifoserie fuori dal campo; lui e la sua bici fortunatamente trovarono rifugio dentro un androne e poi sotto il letto di un funzionario che lo salvò dal linciaggio dei tifosi inferociti. Memorabile fu anche la partita disputata tra il Senigallia e il Fano, terminata 1 a 1: era il 30 gennaio del 1946. In quell’occasione la tifoseria locale rimase talmente male dell’arbitraggio di Barnabei, che la Polizia Militare Polacca lo dovette salvare portandolo sopra la propria Jeep. I tifosi del Senigallia lo assediarono per oltre 3 ore e i Carabinieri dovettero estrarre le pistole d’ordinanza con il colpo in canna per tenerli a bada. Tutto questo per un calcio di rigore non concesso.
Di solito, quando stava con gli amici oppure incontrava la stampa, amava dire queste parole: “Al pubblico direi che l’arbitro può sbagliare, ma sempre in buona fede. Ai giocatori, che oggi sono più raffinati nei falli rispetto a ieri, direi di essere corretti e di non andare dall’arbitro dopo una decisione, tanto non c’è nulla da discutere. All’arbitro non direi nulla prima della partita, semmai dopo”. Parole che oggi fanno riflettere, e che rimandano alla sua estrema serietà, all’affidabilità e soprattutto al suo rigore: se l’arbitro Barnabei decideva di applicare il regolamento lo faceva senza esitazioni, ed i giocatori, che conoscevano la sua correttezza e la severità, trovavano conveniente evitare ogni discussione.
Un altro aspetto se vogliamo interessante dell’attività arbitrale di quel tempo, era costituito dai rimborsi, così lontani dalle cifre attuali. Il Direttorio della XII^ Zona, avente competenza sull’Abruzzo, per ogni partita inviava a Barnabei, tramite la Banca Nazionale del Lavoro, un assegno circolare di 30 lire e 20 centesimi. In proposito è appena il caso di rilevare che un viaggio in treno da Giulianova a Teramo, utilizzando la 2^ classe, costava 10 lire e 20 centesimi, mentre un frugale pasto ammontava a 20 lire.
Le cose miglioreranno nel dopoguerra, quando la FIGC creerà la Lega Interregionale di Centro, con sede a Firenze: da allora in poi i rimborsi spesa saranno più decorosi, anzi talvolta persino consistenti, tanto da arrivare in taluni casi a sfiorare le 5 mila lire. Tuttavia nell’ambiente il rigore rimaneva la norma. Ogni volta, infatti, riecheggiava il perentorio invito, rivolto agli arbitri, di usufruire dei ribassi ferroviari in vigore e di ricorrere ad ogni sconto possibile per il contenimento delle spese. Ne è prova ulteriore il fatto che all’indomani della guerra si utilizzassero ancora i vecchi moduli in uso precedentemente, durante cioè il Regime, per redigere il referto arbitrale: la stampigliatura rievocativa del Ventennio - Littorio, Direttorio, ecc. - veniva allora cancellata con un tratto di penna per non urtare la sensibilità della nascente democrazia italiana.
Tra i tanti documenti come tra gli oggetti presenti nell’archivio di famiglia, colpisce particolarmente il primo fischietto ricevuto da Francesco Barnabei nel dopoguerra. Furono alcuni suoi amici di Giulianova - Dante, Cecco, Giorgio e Gino - che glielo regalarono dopo aver girato tutta Bologna: era proprio quello che Barnabei da tempo andava cercando. Quel fischietto fu spedito all’amico arbitro con una frase bellissima che merita di essere riportata: “….speriamo che ti vada bene. Il nostro augurio è che esso ti porti fortuna, perché non vorremmo essere involontariamente la causa di eventuali irritamenti di pubblico e di conseguenti “mazzate”.
Con l’età che avanzava, giunse anche la pensione. Lasciando l’Ufficio Postale nel quale a lungo e sempre con grande professionalità aveva operato, Francesco tornò con maggior vigore ed impegno al suo inseparabile sassofono, al quale dedicava quasi tutto il giorno, suonandolo e dedicandogli cure amorevoli. La musica tornava a ristabilire un ruolo importante nella sua vita. Il 29 agosto del 1991 Francesco chiudeva gli occhi definitivamente, lasciando un vuoto incolmabile in chi aveva avuto modo di conoscerlo. Queste righe sono un giusto, per quanto modesto, tributo di stima, di affetto e di riconoscenza per una persona semplice e cordiale, che fu un vero gentiluomo d’altri tempi.

* E’ il caso di rammentare che all’indomani della sua scomparsa, in occasione di una manifestazione sportiva, la moglie di Francesco Barnabei regalò a Pasqualino Rodomonti, com’è noto arbitro di rango internazionale, un bellissimo fischietto d’oro con dedica, e questi a sua volta contraccambiò con una dedica in ricordo della figura di Francesco. Sarebbe bello se la Commissione per la toponomastica del Comune di Giulianova dedicasse a Francesco Barnabei una via o, in subordine, apponesse una targa in ricordo di uno sportivo giuliese che indubbiamente ha dato lustro alla nostra città.

Ringraziamenti:
Lida Ciabattoni Barnabei, la moglie; Alfredo, Antenore (Nino) e Sandro Barnabei, i figli e Sandro Galantini, giornalista e ricercatore storico giuliese.

Gabriele Rossi, un giuliese tagliato per la comunicazione

GABRIELE ROSSI, un giuliese tagliato per la comunicazione
di Walter DE BERARDINIS
Gabriele Rossi è nato a Giulianova, 26 ottobre 1967, è un dirigente aziendale. Ha operato in imprese italiane ed internazionali (ex gruppo IRI di ROMA; Video Age International a New York). All’attività di dirigente affianca – in virtù di una vocazione che ha sempre integrato umanesimo e management - quella di conferenziere e formatore nei settori commerciale, vendite, comunicazione, marketing relazionale e customer care. Recentemente, su invito della Direzione Area Adriatico della Sanpaolo - IMI, ha tenuto una conferenza sulla RSI all’Interclub LIONS di Pescara, Montesilvano e Chieti. Nel 1993, con una tesi su Italo Calvino, si laurea con lode in lettere presso l’Università di Roma “La Sapienza”.

Nel 1998 inizia subito con la Presentazione alla Regione Abruzzo il "Rapporto 2000 sullo sviluppo dell’ITC in Abruzzo"; 1996-1997, Direttore responsabile di “Baseball Magazine”, la rivista ufficiale italiana della Major League Baseball International; 1997, Segretario Generale Comitato della Presidenza della Provincia di Teramo per promuovere la candidatura dell'Abruzzo a sede del PREMIO ITALIA della RAI. Responsabile comunicazione e p.r. del Centro Studi Veliero onlus del quale è stato uno dei soci fondatori. Con il Sindaco di Capri Costantino Federico e con l'Università "Federico II" di Napoli, ha ideato il gemellaggio culturale Giulianova-Capri in onore della figura del paletnologo Ignazio Cerio. Gli atti del convegno sono stati pubblicati dalla Regione Abruzzo; 1990-1998, European editor di "Video Age International" (www.videoageinternational.com); 1999-2000, Consulente dell’Ufficio Comunicazione dell'Università degli Studi di Teramo e dell'Ufficio Comunicazione e p.r. del Master Europeo per Dirigenti Sportivi; 2000, Consulente del “Laboratorio delle Idee” di Fabriano; 2003, Editor della versione Italiana del “TRATTATO DI ECONOMIA DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE” del prof. Alfonso Nieto, docente nella Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce in Roma; 2001-2003, Divisione Comunicazione e Marketing Edindustria SpA – Gruppo IRI ROMA, Ufficio stampa per 25th Osaka International Trade Fair organizzata da Fondazione "Italia in Giappone" e Fondazione Agnelli. Ha curato il Servizio Pubblicità Finanziaria su Corriere della Sera, Repubblica, Sole 24 Ore, Milano Finanza ed altri quotidiano nazionali e locali, per i seguenti clienti: Autostrade per l’Italia, Finmeccanica, Fondazione Iri, Autostrade To-Sv, Fintecna, Iri, Saba Italia, Consorzio Edilsa Udine, Finsiel, Stretto di Messina, Cofiri, Consorzio Iricav Uno, Autostrade II Tronco, Svei, Finsider, Consorzio G1, Autostrade Bologna; 2004, Responsabile Ufficio Marketing Gruppo Quartiglia SpA (www.quartiglia.it); 2005, Consulente aziendale Professionista iscritto nel Network Lavoro Etico per la Gestione della Responsabilità Sociale delle Organizzazioni (RSO) nell’ambito del CISE (Centro per l’Innovazione e lo Sviluppo Economico) di Forlì. Formatore dello IAL-CISL Abruzzo Materie: “Organizzazione e gestione dell’impresa” e “Tecniche di accoglienza, promozione, marketing e comunicazione”.

Donna Concetta Castiglione De Berardinis



“Le radici profonde, non gelano mai”
J.R.R.Tolkien

Breve storia di una grande benefattrice
Donna Concetta Castiglione, vedova De Berardinis
(Nobildonna di Penne)

Di Walter De Berardinis

La storia di questa donna, originaria di Penne, nasce quasi per caso. Mentre nella primavera dell’anno scorso ero intento a sistemare l’archivio di famiglia, mi sono imbattuto in un vecchio invito fatto recapitare a mano a mio nonno Giovanni De Berardinis, datato 11 settembre del 1934. L’invito era dell’Istituto Gualandi per Sordomuti e Sordomute di Giulianova, il cui edificio – relativamente al corpo centrale – era stato inaugurato il 16 settembre del 1934. Proprio nel giorno dell’inaugurazione, alla presenza del Vescovo di Teramo Mons. Antonio Micozzi, fu benedetta l’opera con una Santa Messa nella nuova Cappella dello stabile. Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno, i ragazzi ospiti della struttura si esibirono con lezioni ginniche e presentazione dei lavori svolti. Quell’invito sollecitò la mia curiosità e chiesi pertanto lumi a mio padre, il quale mi riferì che all’epoca i terreni erano di una facoltosa signora, la Marchesa Castiglione, vedova di un De Berardinis. L’occasione di approfondire la ricerca non mi mancò quando alcuni mesi dopo fui anch’io invitato ai festeggiamenti dei 100 anni della Fondazione dell’Istituto Gualandi a Giulianova (1903-2003). Mentre visitavo la mostra allestita per l’occasione conobbi Suor Rosa, che m’illustrò il lavoro svolto in 100 anni d’attività dell’Istituto. Quando vidi la sezione dei benefattori, rimasi col fiato sospeso: uno dei maggiori benefattori dell’epoca fu una certa Donna Concetta Castiglione vedova De Berardinis. Poiché da molto tempo conduco una ricerca degli avi della mia casata, il nome del marito della Marchesa Concetta Castiglione, Pio De Berardinis, mi sollecitò ad approfondire le ricerche, anche per onorarne la memoria. Donna Concetta Castiglione nacque a Penne nel 1841, figlia di Nicola e Maria Carolina Sorge. Si sposò trentenne a Penne, suo luogo natale, il 29 novembre 1871, appunto con il giuliese Cav. Pio De Berardinis, di anni 37 anni. Il marito Pio, era difatti nato a Giulianova nel 1834, figlio di Camillo e Anna Costantini. Entrambi i neo-coniugi presero la decisione di andare a vivere a Giulianova, nella Villa De Berardinis con annesso podere, ubicata all’ingresso della città, dove oggi sorge la palazzina amministrativa della ASL di Giulianova. I terreni con villa e casa colonica si estendevano dagli attuali parcheggi pubblici della zona dei Padri Benedettini fino al confine con Via Cerulli, dove attualmente insiste la recinzione dell’Istituto Gualandi. Dal matrimonio nacque l’unico figlio della coppia, che prese il nome di Vincenzo Camillo De Berardinis, più comunemente chiamato col vezzeggiativo Vincenzino. La vita scorreva tranquilla: Donna Concetta Castiglione si prodigava per la cura della Villa e del suo primogenito Vincenzo ma trovava anche il tempo di dedicarsi ai più bisognosi, impegnandosi in opere di beneficenza presso i vari istituti presenti in città. Dal canto suo il marito Pio De Berardinis amministrava i beni di famiglia, costituiti da vasti appezzamenti di terreni e da numerosi edifici di sua proprietà. Purtroppo il 22 maggio del 1887 si abbatté sulla famiglia una tragica fatalità: il Cavalier Pio morirà all’età di 53 anni, lasciando la moglie e l’unico figlio Vincenzo quasi ventenne. Nonostante il grande dolore Donna Concetta saprà gestire con coraggio e caparbietà l’azienda di famiglia, anche per preparare un futuro più roseo per l’unico figlio. Intanto a Giulianova, il 21 giugno del 1903, giungono da Bologna, con lo scopo di realizzare a Giulianova quello che sarà l’Istituto Gualandi (il primo in terra abruzzese), Padre Ferdinando Buoni, Madre Orsola Mezzini, Suor Rosina Agostinelli e la sordomuta Giulietta Giannellini. Qui sarebbero stati accolti generosamente dal farmacista D’Alessandro, il quale metterà a disposizione un suo villino al lido della città (oggi zona della stazione ferroviaria), per far nascere e apportare la prima assistenza ai bambini/e sordomuti. Dai resoconti degli stessi operatori, trasparirà una certa diffidenza e incertezza sulla città prescelta, anche perché lo stesso Superiore ripartirà poco dopo alla volta di Roma. Nel novembre di questo medesimo anno1903, affiancherà la piccola delegazione, anch’egli scendendo da Bologna, il Direttore per la sezione maschile, Padre Vincenzo Occhi, trattenendosi sino al 1940. Alla fine del 1910 il proprietario dopo avere atteso un anno per il pagamento arretrato dell’affitto, manda lo sfratto all’Istituto. L’11 gennaio del 1911, per un solo anno, l’Istituto Gualandi con i ragazzi e ragazze al seguito si trasferirà presso la Villa Migliori o Montagnola (sull’attuale Via Amendola). Il 12 gennaio del 1912 l’Istituto lascia Giulianova: grazie all’interessamento dell’Avv. Pasquale Ventili, viene affittato la metà del Palazzo Ciotti a Teramo (che alla fine, tra lasciti e compravendita, diverrà di proprietà dell’Istituto), dove per 20 anni l’Istituto continuerà la sua benemerita attività. Vano sarà il tentativo di Padre Vicenzo di riportare l’Istituto a Giulianova mediante l’ inserimento del progetto di un nuovo fabbricato in una delle 6 tombole di beneficenza nazionali riconosciute dal Regno d’Italia. Queste, infatti, verranno per decreto abolite con lo scopo di far nascere la Lotteria nazionale di Tripoli; oltretutto proprio nel periodo - eravamo in piena recessione economica per via della 1° guerra mondiale - si disporrà l’ eliminazione dai bilanci delle amministrazioni locali di elargizioni di fondi per gli Istituti.
Nel frattempo, a Giulianova, la famiglia De Berardinis viene colpita da un’altra tragedia: all’età di trent’anni muore prematuramente il giovane Vincenzo Camillo De Berardinis, unico erede della casata De Berardinis, lasciando la madre nella completa e mesta solitudine.
Il triste evento solleciterà Donna Concetta Castiglione a devolvere in beneficenza i suoi beni. E’ il 1° maggio del 1914 quando la settantatreenne marchesa Castiglione-De Berardinis verga di suo pugno il testamento olografo (tuttora conservato nell’Archivio dell’Istituto Gualandi) mediante il quale si destina ogni suo bene al nascente Istituto Gualandi di Giulianova, nominando come esecutore testamentario Padre Vincenzo Occhi, il quale oltre a portare il nome del suo caro figlio, aveva la stessa somiglianza in viso. Nel testamento, che ho potuto personalmente visionare, traspare un sentimento di vera carità cristiana di Donna Concetta Castiglione, anche per le sue vicissitudini familiari. Tra i beni donati, la Villa De Berardinis (oggi sostituita, come sottolineato, dalla palazzina amministrativa della ASL di Giulianova), usata per la villeggiatura estiva dei ragazzi e ragazze sordomuti a Giulianova, in attesa della costruzione dell’Istituto; i terreni con annessa casa colonica e un palazzo nel centro della città (ubicato nell’attuale Corso Garibaldi) che, per far fronte all’acquisto di Palazzo Ciotti a Teramo, sarà venduto il 18 novembre del 1921 al prezzo di 65.000 lire.
Memore dei servigi prestati e dell’affetto ricevuto, Donna Concetta riserverà ai suoi domestici una parte dell’immenso patrimonio.
Pochi anni dopo, il 25 marzo del 1917, nella sua Villa di Giulianova, la nobildonna di Penne si sarebbe serenamente spenta all’età di 75 anni consegnando la sua anima generosa a Dio e lasciando un segno indelebile nella storia della città di Giulianova. Ritengo, alla luce di quanto sin qui rilevato, che sarebbe opportuno e giusto che a questa bella figura si dedicasse una targa o una via. Oggi, sui terreni donati, oltre all’Istituto Gualandi insistono un parcheggio pubblico, un padiglione dell’Ospedale civile, la palazzina amministrativa dell’ASL, le vie che costeggiano i fabbricati, un parco, due campi da gioco ed ultimo una sede Universitaria di Teramo con un Corso di Laurea in Scienze del Turismo. Sarebbe un atto di riconoscimento verso chi tanto ha fatto a favore degli altri.

Fonti consultate:
Archivio dell’Istituto Gualandi di Giulianova.
Archivio della Parrocchia di San Flaviano in Giulianova Alta.
Archivio dell’Anagrafe del Comune di Giulianova.
Archivio Storico del Comune di Penne.
Dizionario Storico delle Fondazioni Italiane per i non udenti (dal 1784), di Franco Zatini.

Don Concezio Sechini, Sarcedote a Giulianova


“A mio Zio Aldo De Berardinis,
che Possa trovare tra i raggi splendenti
della Madonna Dello Splendore
la via diletta delle porte del paradiso.”

La storia del Sacerdote Don Concezio Sechini
(attraverso i racconti di nonna Barbara Cordone)

di Walter De Berardinis

Quante volte, nella nostra vita, abbiamo avuto modo di ascoltare i racconti dei nostri nonni? sicuramente tanti. Io stesso vorrei raccontare una vicenda che colpì la nostra famiglia (materna) ma anche la cittadinanza di Giulianova, quella della morte del Sac. Silverio Domenico Concetto che gli amici e conoscenti chiamavano Don Concezio Sechini. Figlio di Vincenzo (di Giulianova) e di Giovanna Vagnozzi (di Notaresco), nato l’8 dicembre del 1883 alle ore 1:20 a Notaresco in contrada Cantalupa ( oggi l’odierna contrada Grasciano) ed aveva due sorelle Beatrice e Erminia (la mia Bisnonna), e anche tre fratelli Silvio-Paolo ( era il falegname specializzato nella realizzazione dei carri lo chiamavano “Lù carrttare di giglie” ), Samuele Giulio e Saverio Giuseppe Pasquale. Concezio e Saverio entrarono in seminario a Teramo (in quei tempi per poter continuare gli studi, l’unico mezzo per le famiglie meno abbienti era il seminario o in alternativa ricevere aiuto da famiglie facoltose), il fratello Saverio dopo aver terminato gli studi non prosegui la via di Concezio, ma fin da giovanissimo scrisse per molti quotidiani e settimanali della provincia e fu anche fondatore del PPI e della DC in Abruzzo insieme a Spataro e Castiglione ed inoltre fu Vicesindaco di Giulianova dal 1920 fino al 1922. Invece, Don Concezio, nel novembre del 1898 dopo aver finito le scuole ordinarie, entrò nel seminario di Teramo per terminare gli studi, intorno al 1903 fece domanda per essere Suddiaconato (diventare Sacerdote a tutti gli effetti), nel 1907 diventò Diacono e conobbe Don Orlando Perta suo compagno di studi ma anche un amico inseparabile. In questo periodo cominciò a collaborare con vari scritti con il Corriere e L’Araldo Abruzzese (gli studi li terminò a Napoli). Nel giugno 1909, diventò Sacerdote e disse la sua prima messa nel Duomo di San Flaviano (intanto la famiglia nei primi anni del ‘900 si trasferì definitivamente a Giulianova). Intanto, dal patriarcato di Venezia gli arrivò un quadro regalato da un suo amico con queste parole: <>. Gli fu consegnato al suo insediamento nella parrocchia della S.S. Annunziata (il quartiere popolare del lido della città) dove vi trascorse la vita religiosa e pastorale. Già un anno prima nel 1908 in una visita di cortesia l’amico Don Orlando Perta si era accorto che Don Concezio non era nel pieno delle sue forze e lui gli rispose:<> e con un sorriso aggiunse:<>, purtroppo la malattia faceva passi da gigante e lo stesso Don Orlando più volte gli faceva delle visite di cortesia per sincerarsi delle condizioni del suo caro amico, finché il 22 luglio del 1910 alle 07:00 del mattino nella sua casa di Via Cupa spirò per un male incurabile. Il giorno successivo furono fatti i funerali nel duomo di San Flaviano e l’orazione funebre fu tenuta proprio dall’amico Sacerdote Don Orlando Perta di cui riportiamo un estratto del libretto che fece stampare in suo onore, dalla Tipografia Pontificia Artigianelli di Napoli: <>. Così terminò l’orazione funebre dell’amico Don Orlando Perta, nelle settimane successive fece stampare e divulgare attraverso i parenti e gli amici più intimi della famiglia. Anche mia nonna Barbara Cordone (nipote di Don Concezio) ne conservò una copia (di cui oggi io ne conservo la copia originale). Ma il caso volle che il giorno della morte del sacerdote andava in stampa anche il settimanale diocesano “L’Araldo Abruzzese”, dove lui era un assiduo collaboratore ed infatti il direttore Pietro Mobilii per riconoscenza fece inserire in corso di stampa, all’ultima pagina, il necrologio della redazione con l’aggiunta di un suo personale scritto rivolto alla famiglia che di seguito riporto integralmente: era il N° 28 del anno VII Teramo sabato 22 luglio 1910: <>. E di seguito veniva riportato il necrologio del Direttore Pietro Mobilii: Nel racconto che segui l’incontro con mia nonna si ricordò anche di un evento strano sin dalla mattina del 22 luglio giorno della sua morte, il suo fedele cane rimase a vegliare il suo padrone prima nella casa, dopo nella chiesa e alla fine nella tumulazione nel cimitero di Giulianova dove dopo poco giorni fu ritrovato morto vicino alla sua tomba. Purtroppo, gli odierni discendenti di questa casata a Giulianova nel corso dei decenni si sono visti storpiare il loro cognome con la “G” (SeGhini) al posto della “C” o con la “I” (SIchini) a posto della “E”. Purtroppo la modifica era dovuta a quelle che erano allora le registrazioni manuali dell’anagrafe comunale delle due cittadine (Notaresco e Giulianova). Vorrei concludere, questo breve racconto, dicendo che anche se pur breve la storia di quest’uomo è pur sempre molto importante e parte integrante della storia della nostra città di Giulianova in provincia di Teramo, città ricca di uomini che l’hanno fatta crescere culturalmente

Dom Serafini

DOM (Domenico) Serafini, editore giuliese
di Walter DE BERARDINIS
Domenico (Dom) Serafini é l'editore e direttore del mensile Video Age, di annuari e quotidiani di settore rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. VideoAge ha sedi a New York, Los Angeles e Milano. E’ nato a Giulianova nel 1949, si trasferisce a New York nel 1968 per continuare gli studi e cominciare un attività di corrispondenza per le pubblicazioni Jce di Milano. Dal 1968 al ’78 lavora come freelance per una decina di riviste; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come Dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista Television/Radio Age International di New York e nell’81 fonda il mensile Video Age. Negli anni successivi crea altre riviste di televisione come Video Era (destinata al mercato di lingua spagnola), TV Pro (a Parigi), TV Game Show Magazine per i consumatori negli Usa e Baseball Magazine, un mensile sportivo, in Italia. Dal ’94 scrive di televisione su quotidiani come Il Sole 24 Ore e America Oggi e riviste di settore come Pubblicitá Italia, Cinema &Video e Millecanali. Per "Il Messaggero" di Roma scrive per il dorso "Abruzzo".
Dom Serafini é alla sesta esperienza bibliografica. La Televisione via Internet: una nuova frontiera (Edizioni Lupetti) é stato pubblicato nel 1999; Il primo libro, La Tv: cento anni di ricerche, 50 anni di sviluppi, 25 anni di mass media e il futuro della televisione é stato pubblicato nel ’75 (edizioni JCE); 'O Sole mio: it’s now or never, un libro sulle riforme della televisione in Italia, é stato pubblicato nel ’94. "Veltroni e io" (Edizioni Lupetti) nel 2000; "The Ten Commandments for the TV of the Future (Edizioni Rai) nel 2002 e "AbruzzoAmerica" (Edizioni Lupetti) nel 2002. Dom Serafini é stato candidato al Senato per il voto degli italiani all'estero. Il suo sito internet è il seguente: www.domserafini.com

Ety Cicioni, il sarto delle guardie svizzere

Ety Cicioni, il sarto delle guardie svizzere in Vaticano
di Walter DE BERARDINIS
Ety Cicioni è nato a Giulianova il 01 febbraio del 1971 e residente a Giulianova, ma per motivi di lavoro vive a Roma. Dopo aver conseguito gli studi di ragioneria, ha iniziato le prime esperienze lavorative in una nota azienda tessile, prima a Giulianova (TE) e poi a Mosciano Sant’Angelo (TE). Durante questi periodi ha frequentato corsi di formazione di Analisi, tempi e metodi aziendali, e successivamente corsi di modellistica e sviluppo, sempre per lo stesso settore. Indubbiamente la pratica acquisita sul campo è stata la migliore formazione, poi un bel giorno, era il 3 novembre del 1997, grazie ad un ragazzo di Giulianova che già lavorava in Vaticano, ha iniziato questa nuova avventura ed è diventato il sarto ufficiale della Guardia Svizzera Pontificia. I rapporti con i ragazzi sono sicuramente buonissimi, tanto è vero che spesso li fa venire a Giulianova, soprattutto nei periodi estivi per andare al mare e per farsi una buona mangiata di pesce. Ormai il suo futuro sarà proprio nella città capitolina, anche perché dopo il matrimonio con una sua concittadina, Lucia, dipenderà molto dai figli, e poi circa un anno fa ha aperto una nuova sartoria a Roma, proprio vicino al Vaticano. Il consiglio che da sempre alle nuove leve: “…tanto impegno e tanta passione, non guardare al guadagno, e saper aspettare il momento opportuno senza farsi condizionare da eventi o situazioni. E poi non abbandonare mai la fede al Signore, che ti indica la strada più giusta per te

Marco Di Martino, scopritore d'arte

di Walter De Berardinis

Marco nasce a Giulianova il 30 novembre del 1974, è sposato con due figli. Nonostante la sua formazione tecnica, da sempre ha coltivato la passione per il marketing, finiti gli studi superiori, si è buttato nell’attività di venditore. Dopo anni di gavetta, si è inserito nel settore dei tessuti d’arredamento riuscendo a rappresentare due aziende tra le più importanti sul mercato nazionale. Durante la sua attività il parco clienti si è consolidato tra l’Abruzzo e le Marche. Tutto andava per il verso giusto, finché un bel giorno, Marco, sfogliando il Corriere della Sera trova un annuncio di lavoro originale e allo stesso tempo intrigante: “Cercasi Art -promoter per le zone di Abruzzo e Marche”. Quel giorno, le sue due grandi passioni si incontrano, la vendita e l’arte. Deciso di rimettersi in gioco, partecipò alla selezione insieme ad altri quindici aspiranti da tutt’Italia. Dopo 60 giorni di studio, tra prove orali, due esami scritti e la pratica sul campo, entra in una societa' d'arte quotata in borsa. Per lui la professionalità non è un punto d’arrivo ma un punto di partenza. Nonostante la giovane età, Marco, gestisce l’area manager per circa tre anni, ha visto e conosce i più importanti collezionisti di opere d’arte di tutta Italia, grazie ai continui spostamenti. Nel gennaio 2006 , la voglia di poter mettere in pratica da solo tutta l’esperienza acquisita, lo spinge a rimettere di nuovo tutto in discussione, da le dimissioni dal mandato di Art’è e apre un ufficio di consulenza d’arte contemporanea nella parte alta di Giulianova. Dal 16 giugno del 2006, è nato anche un nuovo progetto editoriale, una rivista d’arte e cultura dal titolo: “L’urlo” di cui è editore e caporedattore, la rivista è rivolta ad un pubblico di nicchia. Vive in via Livorno, 20 - 64022 Giulianova lido (TE), tel. 349-0500559. La sua società si chiama Dimar Group, in Piazza Dante Alighieri 4 - 640021 Giulianova Alta (TE), telefax: 0858008731.

Marino Durante, un fotografo giuliese







Marino Durante

di Walter DE BERARDINIS

Marino Durante, è nato a Notaresco nel 1944, fin dalla giovanissima età inizia a lavorare presso vari studi a Roseto Degli Abruzzi, con: Francesco Parisciani, Italo e Piero Del Governatore.
Negli anni ’60 frequenta i corsi della Kodak di Milano, dove ottiene vari attestati e diplomi per l’esercizio della professione. Dal 1968 si trasferisce a Giulianova, dove apre l’attuale laboratorio di fotografia, in Via Thaon De Revel.
Oltre che esercitare la sua professione, collabora come foto-reporter per le testate giornalistiche Il Tempo e Il Messaggero.
Numerose sono state le sue partecipazioni ad eventi artistici e presenze in numerosi cataloghi d’importanti mostre collettive.
Marino Durante, ha donato oltre 100 foto eseguite dal 1969 ad oggi, tutte rigorosamente in bianco e nero. Nelle foto si possono trovare le località dell’Abruzzo ed altre regioni; le manifestazioni più importanti di quest’ultimi anni nel teramano; numerosi concerti ed eventi sportivi.
L’intenzione del fotografo notareschino, ma di adozione giuliese è quello di costituire un fondo che raccolga tutto il suo patrimonio di oltre 40 anni di attività a Giulianova e Roseto Degli Abruzzi.
Recentemente la sua donazione fotografica più importante è stata data all’Archivio Fotografico della Biblioteca Provinciale “Melchiorre Delfico” di Teramo

Mario Orsini, patron del Festival Internazionale delle Bande Musicali


Intervista a Mario Orsini del 16 maggio 2006. Presidente dell’Associazione Culturale “Padre Candito Donatelli” di Giulianova - Organizzatore del Festival Internazionale delle Bande Musicali a Giulianova.

di Walter De Berardinis

Sig. Orsini che bilancio fa della passata manifestazione?
Quest’anno è stato un vero successo, non c’è l’aspettavamo, considerato che ogni hanno cerchiamo di aumentare l’interesse della città e dei numerosi ospiti. Infatti, oltre che dall’Abruzzo, sono arrivate comitive da Catanzaro con tanto di Tv locale, poi da Foggia e dall’intera Puglia, insomma dalle Alpi alle Sicilia sono arrivate numerose comitive.
Ma vogliamo ricordare i partecipanti di quest’ultima edizione?
Sette straniere, 2 italiane tra cui quella Chieti e la vincitrice della 1° Rassegna provinciale, cioè quella di Bellante e poi fuori concorso la banda della Polizia di Stato.
Ma secondo Lei c’è stata una banda che è stata la più acclamata?
Sinceramente devo dire che ultimamente stiamo crescendo sia in quantità che in qualità, tornando alla sua domanda posso dire con certezza che quella del Giappone è stata la più acclamata, seguita poi dalla Lituania e Russia entrambe partite un po’ in sordina. La banda della Polizia di Stato è stata una vera impresa averLa a Giulianova, se Lei pensa che ai primi tentativi la loro risposta era stata negativa, ma dopo vari tentativi si sono accorti della nostra serietà e professionalità nell’organizzare l’evento è hanno aderito subito.
Come ogni anno le difficoltà economiche e organizzative si fanno sentire, quest’anno come ve la siete cavati?
Sul piano economico abbiamo avuto il sostegno delle amministrazioni locali, regionali e nazionali, per vedere il bilancio definitivo siamo ancora chiudendo tutti i conti. Speriamo di crescere sempre più, sette anni sembrano ancora pochi, vorremmo che grossi patner commerciali ci affiancassero all’evento.
Da quest’anno avete anche inserito l’evento della messa per la Pace con tutte le bande presso il Santuario della Madonna dello Splendore, da dove viene quest’intuizione?
E’ stata una mia idea, avevo chiesto la diretta alla RAI per avere le riprese di tutto l’evento, ma avere la RAI, per la precisione il primo canale, hanno assicurato che per il prossimo anno non ci dovrebbero avere problemi. Oltre alla Messa, c’è stata un momento di preghiera per la pace nel mondo, alla fine della manifestazione c’è stata anche la consegna ai rappresentanti delle bande, religiosi e istituzionali del vino della pace, ideato e preparato dalla ditta Cormons di Gorizia, che ha impiantato sul proprio terreno, circa 450 vitigni da tutto il mondo, creando un vino bianco con l’etichetta di un famoso pittore.
Per il prossimo hanno già ci sono delle novità?
Il Comitato non va mai in ferie, noi già stiamo lavorando per il prossimo anno, addirittura stiamo dando alle stampe “l’anteprima del Festival”, un depliant che illustra cosa ci sarà per il prossimo anno e il sunto della festival appena trascorso. Naturalmente il tutto viene fatto per portare questo materiale nelle migliori fiere e borse del turismo internazionali. Il prossimo anno partiamo dal 21 al 25 aprile compreso, che sarebbe: sabato 21, domenica 22, lunedì 23, martedì 24 e mercoledì 25 con la chiusura in concomitanza anche della tradizionale festa patronale della Maria Santissima dello Splendore. Per quanto riguarda le bande, abbiamo già contatti con la CINA e la POLINESIA, per la prima sarà un impresa ardua averli qui, ma noi siamo speranzosi. Una banda dell’area caraibica ci sarà sempre perché mette allegria e momenti di danza popolare. Certo, l’obbiettivo che mi sono posto sarà quello di vedere suonare insieme i cinque continenti. Per la rappresentanza italiana abbiamo contatti con Frosinone e Alto Adige. Colgo l’occasione anche diramare alla stampa il numeri vincenti delle due lotterie, la prima abbinata alla manifestazione del Festival Internazionale delle Bande Musicali e la seconda alla tradizionale festa patronale della Madonna dello Splendore

Plinio De Martiis, un fotografo e gallerista giuliese











Plinio De Martiis, un fotografo e gallerista giuliese

Di Walter DE BERARDINIS

Plinio De Martiis nasce a Giulianova all’una di notte del 30 ottobre del 1920, nella casa di famiglia sita in via per Montone, una traversa dell’odierna via Amendola. Primogenito di Guido e Olga Barnabei, ancora ragazzino De Martiis lascia la nativa Giulianova alla volta di Roma, insieme con i genitori e con la sorella minore superstite, avendone perso un’altra, morta in giovanissima età. Il papà Guido, noto funzionario dell’amministrazione comunale, appartiene ad antica e prestigiosa famiglia locale, nella quale troneggia proprio il padre Pasquale De Martiis, avveduto chimico e farmacista, creatore di importanti industrie locali e sindaco della città, cui si deve la definitiva sistemazione di Piazza della Libertà
Dopo aver vissuto l’adolescenza e la guerra nella capitale, nel periodo dell’occupazione e della ricostruzione dell’Italia Plinio De Martiis conosce e quindi sposa Maria Antonietta Pirandello, figlia dello scrittore Stefano (in arte Stefano Landi) e nipote del grande drammaturgo siciliano Luigi. Ninnì, come confidenzialmente e affettuosamente viene chiamata Maria Antonietta, gli darà due figlie.
Gli interessi di Plinio nei confronti della fotografia, ma anche del cinema e del teatro, datano dall’adolescenza. Nella capitale ha modo di meglio coltivare i suoi interessi e di entrare in contatto, insieme a Franca Valeri, Carlo Mazzarella e Vittorio Caprioli, con il gruppo del “Teatro dell’Arlecchino”, oggi Teatro Flaiano, luogo assai prestigioso essendo stato frequentato da De Chirico, Moravia, Guttuso, Luchino Visconti ed altri ancora. Nel frattempo gestisce un bar, alternandosi tra la fotografia (sarà fotoreporter per conto di alcune testate nazionali, da L’Unità a Il Mondo), l’editoria e l’attività di gallerista, non trascurando la militanza politica nell’allora Pci, che lascia nel 1954 suscitando feroci commenti e malignità. L’apparato difatti reagisce per bocca dei suoi ex compagni, facendo circolare velenosamente la voce – del tutto infondata – di una interessata “fuga” dal partito finanziata dagli americani: una abile campagna denigratoria che comporterà al giuliese l’appellativo di “Plinio l’Amerikano”. L’allontanamento, in realtà, fu determinato dall’avvio della sua galleria d’arte, “La Tartaruga”, ubicata nel cuore di Roma e destinata a grande notorietà, a cavallo tra gli anni 50’ e 60’, per aver scoperto e lanciato i nuovi talenti dell’arte italiana, non solo Ceroli, Festa, e Pascali ma anche – per citare – Angeli e Schifano, in aggiunta ad altri prestigiosi esponenti internazionali, da De Kooning a Rauschenberg, a Cy Twombly. La nascita della galleria d’arte avvenne quasi per caso, in una serata tra amici, sempre nel 1954, ed è opportuno ricordarne la genesi. Nel cappello di Mario Mafai furono messi 5 bigliettini piegati, fu estratto un bigliettino con su scritto “la Tartaruga”, scritto dal suo amico Mino Maccari. A Plinio De Martiis non restò dunque che accettare il verdetto della sorte. Il 25 febbraio del 1954, dunque, Plinio De Martiis inaugurava la sua galleria a pochi passi da Piazza del Popolo. Con lui la moglie Maria Antonietta (Ninnì) Pirandello, e gli ispiratori di quella nuova avventura, cioè Leoncillo Leonardi, Salvatore Scarpetta, Mario Mafai e Giulio Turcato, tutti pittori e scultori già affermati nel panorama nazionale ed internazionale.
I primi ad esporre nella nuova galleria del giuliese furono Vespignani, Muccini, Perilli, Dorazio e Salvatore Scarpitta, che rappresentavano il figurativo e gli astrattisti in voga in quel periodo. Alla fine degli 50’ alla galleria d’arte si presentò un gallerista italiano, Leo Castelli, che propose una sorta di testa di ponte con i nuovi talenti americani protagonisti della “Pop-Art” o popular art, la nuova tendenza artistica nata in Inghilterra. Da quel momento cominciarono a frequentare la “Tartaruga” artisti come Twombly, Rauschenberg Robert, De Kooning Willem. E poi Rothko, Franz Kline, Tinguely, Conrad Marca-Relli. A costoro vanno aggiunti artisti italiani particolarmente apprezzati da Plinio, come Mimmo Rotella, Afro Basaldella, Piero D’Orazio, Salvatore Scarpetta, Mario Schifano, Pino Pascali, Piero Manzoni, Tano Festa, Franco Angeli e molti altri.
Attento ad ogni segnale, al gallerista giuliese non sfuggono i segni di un concreto rinnovamento nell’arte contemporanea: ed è per questo che decide di lanciare nuovi talenti come Fabio Mauri, Giosetta Fioroni, Cesare Tacchi, Renato Mambor, Jannis Kounellis, Pino Pascali, Manzoni, Castellani, Tano Festa, Claudio Cintoli, Mario Ceroli. La straordinaria attività del dinamico ed infaticabile Plinio, la originalità delle sue proposte accentuano ancora di più la centralità della “Tartaruga”, ormai uno dei punti cruciali della vita artistica della cosiddetta “dolce vita” romana. Un po’ tutti, da Giuseppe Ungaretti a Marcel Duchamp, da Nanni Balestrini a Tristan Tzara, da Alberto Moravia a Sandro Penna, compreso il pescarese Flaiano, avranno dimestichezza con gli ambienti della galleria. Agli inizi del 1968 arriva l’ultima grande opportunità per la “Tartaruga”, grazie alla solita idea geniale del suo “papà”. Plinio propone infatti di allestire una mostra al giorno per ogni artista. Nasce così il “Teatro delle Mostre”, ultimo atto di un’avventura straordinaria destinata a finire nella leggenda. Un anno dopo, infatti, “La Tartaruga”cessava di vivere, lasciando tuttavia una traccia indelebile nell’arte contemporanea italiana.
Di quegli “anni originali”, come venne chiamata la straordinaria, vivacissima e irripetibile stagione in buona parte dovuta proprio a de Martiis, formula utilizzata peraltro come titolo per una bellissima mostra che il giuliese organizzò nella sua galleria toscana di Castelluccio di Pienza, rimangono anche una sorta di diario fotografico. Plinio difatti usava spesso la sua macchina fotografica “la Rolleicord” 6x6 – 12 fotogrammi, per immortalare i più grandi artisti di quei tempi, dall’arte alla letteratura, dal cinema allo spettacolo, critici e intellettuali dell’epoca: una vera miniera folta di 5.000 negativi in parte acquisiti dall’Istituto Italiano per la Grafica di Roma.
Con la chiusura della galleria, non terminava però l’attivismo di De Martiis. Va qui rammentata infatti la realizzazione dei quaderni de “La Tartaruga”, nati nel 1986 a Roma e poi cessati nel 1993. Erano in sostanza quaderni d’arte e letteratura e venivano stampati, una volta o due all’anno, per conto di De Luca Editore di Roma, una casa editrice assai nota per la produzione di libri d’arte e cataloghi. Plinio, nel suo breve editoriale per il primo numero uscito nel marzo del 1986, esordì con parole tristi verso l’arte, non lesinando il suo disprezzo per la similarte e similuomini, come lui amava chiamare il nuovo modo di fare arte. Il taglio giornalistico, così come il formato dei quaderni furono ispirati da “L’Italiano”, la famosa rivista di Leo Longanesi, di cui apprezzava il lavoro fatto – secondo lui - di uno stile unico.
C’è da dire che, pur a fronte di innegabili meriti e di straordinarie iniziative, solo negli ultimi anni la critica e il mondo dell’arte sono tornati ad interessarsi di De Martiis. Le mostre più note al pubblico sono state: nel 1993, Archivio delle Fotografie di Plinio De Martiis, Galleria Netta Vespignani di Roma; sempre nel 1993, alla XLV Biennale di Venezia; nel 1999, L’Arte Pop in Italia, a Parma. Nel 2002, I due ritratti, nella Scuola Romana di Fotografia di Roma; nel 2003, Americaniaroma – fotografie di Plinio De Martiis. Sempre nello stesso anno “Piazza del Popolo – sessanta-settanta” a Roma; 54° edizione del Premio Michetti a Francavilla al Mare, nel corso della quale il Presidente della giuria, il critico Duccio Trombadori, gli assegnò il premio alla carriera. Da ultimo vanno citati Sensi Contemporanei in Abruzzo, mostra allestita al Mas di Giulianova nell’agosto del 2004 a pochissima distanza dall’improvvisa scomparsa del Maestro. Recentemente il famoso giornalista siciliano Giampiero Mughini gli aveva dedicato un intero capitolo del suo ultimo libro intitolato Che belle le ragazze di via Margutta, uscito per Mondadori. Il titolo del capitolo dedicato allo straordinario giuliese è “Un fotografo che somigliava a Dustin Hoffman”. Le spoglie mortali di Plinio De Martiis, che per sua volontà sono state cremate, riposano nel piccolo cimitero di Vignoni Alto, minuscola frazione di San Quirico D’Orcia (Siena). Una morta giunta troppo presto, ma non dimenticata dai suoi amici ed estimatori che il 12 ottobre 2004 lo hanno voluto ricordare con una mostra nel Palazzo della Fontana di Trevi a Roma, organizzata dall’Istituto Nazionale per La Grafica e con l’alto patrocinio del Ministero dei Beni culturali.
A me non rimane che sperare, concludendo queste righe, nella maggior conoscenza e valorizzazione – nei nostri territori – della sua figura, così rendendo omaggio ad un illustre giuliese.
Ringraziamenti:
Caterina De Martiis, figlia; Sandro Galantini, Direttore Biblioteca Donatelli; Antenore (nino) Barnabei, cugino; Margherita De Martiis, nipote; Duccio Trombadori, critico d’arte; Lida Ciabattoni, cugina; Vincenzo Centorame, giornalista; Gabriele Di Pietro, docente e critico d’arte e Marino Durante, fotografo; Don Domenico Panetta, Parroco di San Flaviano; Adele Crocetti, ufficiale delle stato civile.

Salvatore Tringali, giuliese d'adozione











“Muore vittorioso colui che realizza la sua vera morte,
circondato da coloro che sperano e da coloro che giurano”
Friedrich Wilhelm Nietzsche
Il Prof. Salvatore Tringali (1920-2006)

Siciliano di nascita ma giuliese d’adozione.

Di Walter DE BERARDINIS

Il Prof. Salvatore Tringali nasce il 1 aprile del 1920 (verrà registrato all’anagrafe il giorno seguente) a Catania da una nota famiglia siciliana (i Tringali erano originari del siracusano), il padre Carmelo era funzionario di stato e la madre era Giuseppina Maganò. Secondogenito, il primo fratello (Salvatore) era morto in tenera età, gli altri erano: Domenica (detta Mimma), Paolo (parlamentare del MSI e poi di AN della prima Repubblica), Agatina (chiamata da tutti Tina) e Oronzo. Giovanissimo aderisce subito alle organizzazioni giovanili nate all’avvento del Fascismo: prima nella O.N.B. (Opera Nazionale Balilla – 1926/1937) e di seguito nella G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio – 1937/1943). In entrambe le organizzazioni inizia prima da figlio della Lupa fino a diventare Avanguardista nella sua città paterna, Acireale. Al compimento del 18° anno, viene chiamato dal Distretto Militare di Catania per le rituali visite mediche per l’inquadramento nel Regio Esercito Italiano, qui viene giudicato idoneo al servizio, ma il giovane Tringali già pensa di arruolarsi volontario. Terminata la licenza liceale, presso il Liceo Classico di Acireale, si iscrive all’Università di Ingegneria Aeronautica di Catania ed entra nei G.U.F. (Gruppo Universitari Fascisti). Nel giugno del 1940, poco dopo lo scoppio della guerra, il giovane Salvatore si arruola volontario nel Regio Esercito, tra la contrarietà della famiglia. Viene destinato al centro reclutamento di Gorizia, con inquadramento nel Battaglione Artiglieria da Montagna. Tornato a Catania, viene destinato prima a Napoli e poi a Nocera Inferiore, qui si iscrive al corso di Allievo Ufficiale e viene inquadrato nel Reggimento Artiglieria Campale/Pesante. Nel 1942 parte volontario alla volta dell’Africa del nord, sbarca a Tunisi come giovane Ufficiale e gli viene affidato un plotone di 20 uomini circa per costituire una batteria semovente controcarro. Dopo gli eroici fatti di El Alamein, verrà catturato dagli Inglesi e successivamente consegnato da quest’ultimi agli americani. Dopo aver passato i primi mesi di prigionia in Libia e anche in Algeria e Tunisia, gli americani cercano di convincere, come del resto sarà fatto a tutti i prigionieri italiani, di firmare il foglio dove rifiutava la politica Mussoliniana e lo stesso stato Fascista. Salvatore Tringali, ligio alla sua fede, rifiutò di firmare, soprattutto per l’onore dato alla causa, ben sapendo che si sarebbe prolungata di molto la sua permanenza dentro i campi di concentramento americani. Il giovane militare fu classificato come “NON”, cioè non collaborazionista, così per lui scattò il trasferimento coatto verso gli Stati Uniti d’America abbordo di una nave mercantile. Così fu per tantissimi prigionieri di guerra e soprattutto per gli italiani, i tedeschi e i giapponesi, che si rifiutarono di firmare e collaborare con il vincitore. Oltre agli USA, anche la stessa Inghilterra e le sue colonie (Sud Africa e altri stati del centro e nord africa, l’India e l’Australia) furono usati per detenere i più riottosi o i più pericolosi. Tringali, una volta arrivato in nord america, viene destinato ad Hereford, nello stato più a sud degli USA, il Texas. Qui, inquadrati nei campi di concentramento denominati “Criminal Fascist Camp”, dovevano lavorare e anche essere rieducati per tornare in patria come collaborazionisti degli alleati. Quotidianamente venivano convocati per convincerli a collaborare e fare in modo di rinnegare di essere stati Fascisti. Molto educativo, sarebbe, per le giovani generazioni, vedere il film (poco distribuito nella sale cinematografiche) “Texas ‘46” con la regia di Giorgio Serafini e con l’attore protagonista Luca Zingaretti. Poi, per chi non si annoia, ci sono dei bellissimi libri sul tema: 1) di Roberto Mieville, Criminal Fascist Camp, ristampato dall’Associazione 1 Dicembre; 2) di Mario Tavella, Io Prigioniero in Texas, Lo Scarabeo editrice; 3) di Gaetano Tumiati, Prigionieri nel Texas, della Mursia; 4) il romanzo di Gianni Riotta, Alborada, Rizzoli editore. Intanto, dopo la fine della guerra e grazie al trattato di resa incondizionata dell’Italia, Tringali potrà tornare a casa. Alla fine del 1946, ma per altri fu anche il successivo anno, sbarcò al porto di Napoli con altri reduci che furono oggetto, da parte di molte persone presenti, di sputi, spintoni e parole offensive. Pensate che quel giorno, visitato dai medici militari che lo avevano preso in consegna, la bilancia si fermò a 36 Kg.. Ripresi gli studi, si iscrisse alla facoltà di Matematica e Fisica, prese anche l’abilitazione all’insegnamento come docente di Educazione Sportiva presso le scuole superiori. Il tutto avvenne tra Roma e la sua Catania come studente-lavoratore. Dopo anni di gavetta, insieme alla futura moglie già approdata a Giulianova come insegnante di lingua francese ed anch’essa siciliana, si stabilirono definitivamente a Giulianova. Angela Spina, questo il nome della sua ex compagna di studi, il 6 ottobre del 1951 diverrà sua moglie a Loreto (AN). Dal matrimonio nacque la primogenita Eliana e poi Bruno. Insegnò per 26anni consecutivi al Liceo Classico di Atri e negli ultimi anni al Liceo Scientifico di Giulianova. Durante la sua attività di docente, ma già al suo ritorno dalla prigionia, aderì subito al MSI (Movimento Sociale Italiano). Prima come componente nazionale della Scuola di Partito, insieme al Prof. Silverio Bacci, poi come consigliere comunale del MSI a Giulianova e anche Dirigente nazionale, fino al suo scioglimento avvenuto del 1994-1995, con la svolta di Fiuggi dell’On. Fini. Da quel momento in poi, come del resto lo fu per tanti altri camerati della prima Repubblica, abbandonò definitivamente la scena politica locale e nazionale. Continuò soltanto a seguire la politica internazionale con i tanti articoli di geopolitica che pubblicava sui vari giornali d’area.

Durante gli anni di piombo, fondò e diresse il foglio politico “Europae Imperium”, un bimestrale stampato dalla tipografia Zanni dei Fratelli Colleluori di Atri, con una tiratura di 1.000 copie al costo di 500 lire. il primo numero uscì negli anni ’70 (l’autorizzazione n°105 del tribunale di Teramo fu concessa il 19 gennaio del 1970), oltre alla sua firma come Direttore, c’erano tra l’altro anche quelle dell’On. Nino Sospiri, dell’On. Nicola Carlesi, del giornalista Vincenzo Centorame ed altri ancora (Guido Medici, Leo Negrelli, Alessandro Lupi, Sergio Cipolla, Massimo Scalfari, Francesco Lamensa, Giulio Monaca, Renato Del Ponte, Nuccio D’Anna, Luigi Petriccioni, Prospero Calzolari, Nello Capotosto, Marco Bezicheri, Sergio Cipolla e Rosaria Di Lucente). Poi la pubblicazione cesso verso la metà degli anni ’70.

Fu anche fondatore e Direttore responsabile de “L’Ordine Sociale” con Silverio Bacci; di “Arthos” con Renato Dal Ponte; di “Nuove Proposte per l’Alternativa” e “Parlamento Marche” con Giuseppe Buscemi; di “Destra Picena” con l’Avv. Vincenzo Rosini; di “Radio ERA (Emittente Radiofonica Alternativa)”; ed inoltre Direttore sportivo del “Fiamma Rugby San Benedetto” ed infine collaborava dalla sua nascita con il bimestrale “Italicum”, di Luigi Tedeschi. Sempre da Giulianova, era anche il corrispondente de “Il Tempo d’Abruzzo”.

All’’alba del 5 settembre del 2006, il Prof. Salvatore Tringali, cessava di vivere all’età di 86anni. Il suo ricordo è rimasto indelebile, soprattutto per i tanti ragazzi di destra abruzzesi e marchigiani e non solo, infatti, la sera della veglia funebre l’On. Teodoro Buontempo (AN), amico e allievo del Professore, arrivò a Giulianova per dare l’estremo saluto ad un camerata che aveva dato la sua vita per la politica e per formare i giovani dirigenti del MSI nazionale. Spero, in virtù di questo mio scritto, di aver stimolato la curiosità e un eventuale approfondimento della figura di questo personaggio.


Si ringraziano per le notizie: Eliana e Bruno Tringali (i figli), Vincenzo Cialini (allievo ed amico del professore) e la redazione de “Italicum” di Roma.