Leo Leone.
Una vita dedicata agli ideali di libertà ed uguaglianza (Giulianova, 4 giugno 1893 – Teramo, 15 maggio 1973)
Di Walter DE BERARDINIS
“…la lotta paga e ripaga, sempre…”
Sen. Leo Leone
Leo, Cleto, Carlo, Alberto, Rodolfo Leone, nasce il 4 giugno del 1893, alle ore 20:00, a Giulianova nella casa posta in via Campo delle Fiere, odierna Via Migliori, quartogenito (dopo Fernando, Rachele e Mario) del noto Maestro di Musica, Luigi Leone (pianista e compositore, nato a Pomigliano d'Arco - Napoli nel 1854 e morto a Giulianova nel febbraio 1927) e di Anna Buoni Algeste. Il mese successivo, l’Arciprete, Berardo Pistilli, lo battezzerà a San Flaviano solo con tre nomi (Leo, Carlo e Alberto). Da giovane liceale subisce la prima persecuzione per aver fomentato e inneggiato all’anarchico Gaetano Bresci (l’autore dell’uccisione di Re Umberto I). A soli 19 anni, si arruola volontario nel corpo della Regia Guardia di Finanza, per la ferma di tre anni, è il 13 luglio del 1912, quando varca la scuola allievi sottoufficiali di Roma. Nei primi mesi del 1913 viene trasferito a Bologna, l’anno successivo a Napoli, e poi entra nella Scuola Allievi Ufficiali di Caserta, viene nominato Sottobrigadiere e successivamente trasferito a Messina. Il 25 maggio del 1915, a causa dell’entrata in guerra dell’Italia, egli è già in zona di guerra. Tra l’inizio delle ostilità e la IX battaglia dell’Isonzo, per la precisione sul Monte Fortin-Lucinico, il 4 novembre 1916, il suo XII battaglione viene impiegato per “passare” l’Isonzo; l’impresa gli valse la nomina a Brigadiere. Tale nomina gli consentirà di frequentare il corso di allievo ufficiale nell’arma di Fanteria, presso la Scuola militare del XIII Corpo d’Armata sotto giurisdizione della III Armata, comandata da Emanuele Filiberto Di Savoia, Duca d'Aosta. Nel settembre del 1916 è nominato Aspirante Ufficiale. Il 3 giugno del 1916, al comando di un gruppo di uomini del 142° fanteria della Brigata Catanzaro, viene ferito e fatto prigioniero nei pressi del Monte Cengio (Il 142° combatté con i Granatieri di Sardegna, con le brigate Modena, Novara e Trapani sul monte Cengio, erano i primi di giugno e la zona posta a sud dell’altopiano di Asiago venne attaccata dal I° battaglione degli Schutzen da montagna di Lubiana che conquistarono il Cengio (bottino 1400 prigionieri e 2 cannoni a lunga gittata. Seguì, pochi giorni dopo, il ripiegamento degli austroungarici dal monte conquistato, e il ritorno sulla linea delle truppe italiane).Dopo due anni di prigionia, (il rimpatrio antecedente la fine delle ostilità (8 giugno 1918), con ogni probabilità si trattò di uno scambio di prigionieri tra Austria e Italia. I primi a tornare da ambo le parti furono i feriti e i non idonei al servizio attivo, Leone infatti venne considerato “INABILE AL COMBATTIMENTO”) rivede la sua terra solo l’8 giugno 1918, quando, rimpatriato come invalido di guerra, viene messo in congedo definitivo nel 19° Fanteria. Questa terribile vicenda lo segnerà per sempre, tanto che, nel 1933, darà alle stampe il suo primo ed unico libro: K.U.K. romanzo di prigionia, con disegni di Francesco Nonni (Faenza 1885-1976) prigioniero con lui in Austria, per la casa editrice “Polemica” di Bologna. In realtà, come scriverà l’editore nella prefazione, più che di un romanzo, si trattava proprio di vita vissuta, una vera autobiografia di quei terribili due anni passati nei lager, chiamati K.U.K. Kriegsgefangenenlager (Campo di prigionia bellico), mentre l'acronimo K.U.K. stava per Kaiserlich Und Königlich (imperiale e regio), ed era il prefisso di tutti gli enti che facevano capo all'amministrazione pubblica austro-ungarica. Il volume si apre con una dedica lapidaria dell’autore: “a tutti che odiarono e si dilaniarono su tutti i fronti di battaglia; o imbestiarono in tutti i campi di concentramento: questa “particola” di umanità e offerta”. Al ritorno in patria, la condizione di estrema crisi in cui versava il paese, lo spingerà a cambiare la propria vita che sarà votata all’impegno politico, in quel processo di decadimento della vita pubblica e della crisi dello Stato liberale. Questo stato di cose lo farà avvicinare al gruppo degli intellettuali vicini a D’Annunzio e al nascente fiumanesimo. Riconoscendosi negli insegnamenti dei leader come Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo, decide di fondare una locale sezione repubblicana per la realizzazione di quella società basata sul rispetto dei diritti umani e sugli ideali liberali e socialisti. Intanto, insieme al fratello Mario e all’amico Giulio Braga, apre una tipografia, nel 1920 che chiamano “T.A.L.I.A.”, acronimo di Tipografia Artistica Libraria Industriale Abruzzese. Riprende gli studi per diventare Avvocato e torna alla sua passione: scrivere. Inizia a collaborare con la redazione milanese de “L’Italia antibolscevica”, insieme al collega Francesco Manocchia, divenendo condirettore del periodico. Erano gli anni del fiumanesimo e delle imprese d’annunziane. Poco dopo, lasciò la redazione de “L’Adriatico degli Abruzzi” (settimanale politico-letterario-amministrativo, edito a Giulianova dalla tipografia TALIA), del quale era condirettore insieme a Livio De Luca, per approdare alla direzione de “L’Idea Abruzzese” che diverrà organo regionale del fascismo abruzzese e del quale divenne Direttore con lo pseudonimo di Germinale d’Alba. Durante le elezioni della primavera del 1921, ne divenne Direttore (usciranno solo 5 numeri del periodico organo regionale dei Fasci di Combattimento Abruzzesi) con lo pseudonimo di Germinale d’Alba, per lo stabilimento Talia di Giulianova.
Intanto, il 23 aprile del 1922 a Canzano, conosce e sposa, Adelaide De Nigris, che gli darà otto figli: Anna, Costanza, Luigia, Fernando, Maddalena, Silvia, Fausto e Laura. Il 22 settembre del 1922, un manipolo di giovani fascisti, impone al giovane avvocato giuliese lo scioglimento della locale sezione Repubblicana, da lui fondata e intitolata proprio al fratello, Fernando Leone, morto nella Prima Guerra Mondiale. Il giorno stesso, l’avvocato pronunciò un commovente discorso, poi stracciò la bandiera e ne consegnò un frammento ad ogni iscritto, nella speranza di poterla un giorno ricomporre; ma poco dopo, nel ’26 il partito fu dichiarato fuorilegge.
Nel 1925 si laureò (nel 1927 si iscrisse all’albo) e a 32 anni, come avvocato, si specializzò in diritto penale. Molti suoi amici aderirono da subito all’antifascismo ed egli decise di entrare nel Partito D’Azione, considerato da lui lontano sia dalle retoriche cattoliche sia dall’influsso Comunista. Emblematica è la lettera che gli scriverà l’antifascista e martire, Renato Vuillermin, il 15 marzo 1943: “tu hai tenuto fede alla libertà. E vi tieni fede ora in momenti forse più difficili perché tanto si è fatto per obnubilarne il sacro incanto agli occhi degli Italiani, né è lontano il giorno in cui si dovrà pur rendere il dovuto omaggio ad un manipolo oscuro di eroi, i quali, superando talvolta angosce, veramente gravi per l’umana fralezza, hanno custodito intatto per i propri fratelli, al fine di renderlo loro più splendente per il lavacro di tante oscure lacrime, il tesoro delle libertà religiose, civiche, economiche e di pensiero”. L’amicizia, tra Leone e Vuillermin, nacque sicuramente nel dicembre del 1942, quando quest’ultimo fu arrestato, processato e inviato al confino proprio a Giulianova (Esponente dell'Azione Cattolica e del Partito Popolare in Piemonte, tornato al nord, dopo essere stato liberato in seguito al 25 luglio, fu incarcerato a Savona dove venne fucilato dai nazifascisti, per rappresaglia ad un'azione di sabotaggio partigiana, il 27 dicembre 1943). Dalle continue frequentazioni con De Marco e Zacaria e con i giovani antifascisti locali: Capuani, Pultroni, Ridolfi, Cerulli ed altri, nasce l’idea sempre più forte di voglia di libertà. Con Alessandro Pica, Abramo Esposito, Pasquale Di Odoardo, Lidio Ettorre, i fratelli Franchi, ed altri, fondò il movimento clandestino “Italia Libera”.
A causa dell’attività antifascista, fu tradotto in carcere a Pescara ma riuscì a fuggire e, imbarcatosi, si diresse verso sud. Giunto, tra mille peripezie a Bari, assieme ad altri antifascisti, con lo pseudonimo di “Ennio e Glauco” trasmetteva numerosi programmi, in primis “Italia Combatte”, rivolto soprattutto alla popolazione che era al ridosso del fronte, con svariate notizie: testimonianze, azioni di guerriglia, attività antifasciste e informazioni per le formazioni partigiane.
A liberazione avvenuta, riprese l’attività politica con il Partito Repubblicano. Sempre nelle file repubblicane, nel 1946 (poi anche nel 1962), fu eletto consigliere comunale. Ma già il 23 febbraio del 1946, aderì al PCI, uscendo fuori da un partito alla deriva, dilaniato da continue liti e divisioni interne tra i radicali democratici e l’anima socialista. Il 2 marzo dello stesso anno, il PCI gli affidò la direzione dell’ufficio legale; gli avversari lo consideravano: l’Avvocato degli straccioni, per via dei continui patrocini alla povera gente. Intanto il PCI lo farà candidare alle elezioni provinciali del 1951, nel collegio di Notaresco (con 3.219 voti sarà eletto alla provincia a discapito del democristiano Pirocchi 3.151). Sul finire degli anni ’50, intreccerà una relazione con la giuliese Amina Rossi, nota sarta in attesa della separazione dal marito, Alberto Di Marco, poi emigrato in Belgio. Galeotto fu l’incontro nel suo studio, dove appunto gli stava seguendo proprio la sua pratica. Da questa relazione nacquero due figli che porteranno il cognome del Di Marco: Laura Margherita (1949-1956), scomparsa prematuramente per malattia e Carlo nato nel 1952. Intanto il PCI abruzzese e molisano lo fa eleggere Senatore della Repubblica per due legislature: la II° (25 giugno 1953-11 giugno 1958) e la III° (12 giugno 1958-15 maggio 1963), attraversate da ben 11 governi democristiani (De Gasperi, Pella, Fanfani, Scelba, Segni e Zoli per la II° e Fanfani, Segni, Tambroni, Fanfani e di nuovo Fanfani per la III°) e con ben tre Presidenti della Repubblica (Luigi Einaudi, Giovanni Gronchi e Antonio Segni). Fece parte della 2° Commissione permanente Giustizia e per le autorizzazioni a procedere. Eletto nel collegio "Abruzzi e Molise", fece sempre parte del Gruppo Comunista (tranne nel periodo 25 giugno 1953 - 23 febbraio 1954 quando era membro del gruppo di Indipendenti di sinistra). Molti i disegni di legge proposti e numerose le sue interrogazioni parlamentari orali e scritte. Fece parte della Commissione speciale per l’esame del disegno di legge recante provvedimenti straordinari per l’Abruzzo, nel 1958/1959 e per la Capitale nel 1962. Nel 1957 si occupò, in sede parlamentare, dei moti del 1957 a Sulmona, contro il trasferimento del Distretto Militare a L'Aquila e della crisi della Valle Peligna. Presentò la relazione, per la minoranza, sulla domanda di autorizzazione a procedere contro il Sen. democristiano Pier Carlo Restagno, accusato di concorso in peculato in relazione all’affare Poligrafico di Stato nel 1957 e nel 1958 contro il Sen. Ragno.
Per conto del PCI fu incaricato di prendere parte al collegio di difesa nel disastro della miniera di Marcinelle (8 agosto 1956), nei pressi di Charleroi in Belgio. Dopo l’attività parlamentare riprese l’attività politica locale e la professione forense, finché, alla veneranda età di 79 anni (mancava solo un mese al compimento degli 80 anni) morì a Teramo il 15 maggio 1973.
I funerali, celebrati nella Chiesa della Natività di Maria Vergine di Giulianova, videro la presenza di numerose autorità civili e militari. Oltre alle esequie religiose, ci fu anche un orazione civile da parte di numerosi esponenti tra i quali: Romolo Trifoni allora sindaco della città; l’Avv. Alberto Valente, a nome del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Teramo; l’On. Luigi (Tom) Di Paolantonio, compagno di partito. Mentre in Consiglio Comunale il discorso di commiato fu fatto dal vicesindaco, Antonio Franchi. Nella 159° seduta pubblica della IV° legislatura al Senato, del 24 maggio 1973, il Sen. Caludio Ferrucci, del PCI; il Ministro di Grazia e Giustizia, Guido Gonnella e la Senatrice, Tullia Romagnoli Carettoni, a nome della Presidenza del Senato, all’apertura dei lavori, presero la parola per un breve commiato per l’Avv. Leone. Tutti gli interventi citati, sono stati riportati per intero nel 30° anniversario della liberazione (25 aprile 1945-25 aprile 1975), nel libro-ricordo edito dal Comune di Giulianova, tal titolo In memoria di Leo Leone.
A conclusione di questo breve profilo, credo si debba valorizzare ancora di più questo nostro concittadino, per l’esempio di dedizione al lavoro e all’impegno civile verso i ceti meno abbienti. Una persona che ha dato, in tutti settori, ampia dimostrazione che con umiltà e serietà, si possono fare grandi cose per la propria comunità. Molti storici locali si sono dibattuti sulla sua adesione alle idee fasciste, per via delle sue collaborazioni giornalistiche con alcuni periodici locali e nazionali, durante l’ascesa al potere di Mussolini. Sinceramente non sono in grado di affermare quest’ultima tesi, anche perché molti fatti da me citati sono di tutt’altro genere. Credo sicuramente che in quel periodo Leone avesse a cuore le sorti del proprio paese e aveva intuito che bisognava dare il proprio contributo all’elevazione morale della propria gente, per sconfiggere la dilagante anarchia. Oggi la città lo ricorda con una via a lui dedicata (nella zona nord – ridosso della ferrovia), sinceramente troppo poco. Il mio breve saggio (di sicuro non esaustivo) vuole essere uno pungolo per studiare e approfondire la vita e le opere del Sen. Leone, soprattutto tra le giovani generazioni. Propongo, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia (1861-2011) di ristampare in copia anastatica il suo romanzo: K.U.K. romanzo di prigionia, per poi farne opera di divulgazione attraverso le scuole.
Per le informazioni ricevute si ringrazia: Carlo Di Marco e Fausto Leone, figli; Don Domenico Panetta, Parroco di San Flaviano; Ottavio Di Stanislao, Archivio di Stato di Teramo; Sandro Galantini, Direttore della Biblioteca “Padre Candido Donatelli”; Donatella Neri, Libreria del Senato di Roma e Adele Crocetti, ufficiale stato civile; Giovanni Dalle Fusine e Alessandro Gualtieri, rispettivamente: Direttore e Direttore editoriale del sito web: http://www.lagrandeguerra.net/
Bibliografia: AA.VV., In Memoria di Leo Leone, Comune di Giulianova, 1975; Leo Leone, K.U.K., romanzo di prigionia, Polemica casa editrice, Bologna, 1933; AA.VV., Renato Vuillermin e l’antifascismo cattolico, Rivista abruzzese di studi storici dal fascismo alla resistenza, L’Aquila, 1981; Riccardo Cerulli, Giulianova 1860, Abruzzo Oggi, Teramo, 1968; Luigi Ponziani, Due secoli di stampa periodica abruzzese e molisana, Interlinea, Teramo, 1990; Aldo Marroni, Catalogo dei periodici abruzzesi posseduti dalla Biblioteca civica “Vincenzo Bindi” di Giulianova, l’Officina, Roseto Degli Abruzzi, 1984; Sandro Melarangelo e Marisa Di Pietro, Storia dei Comunisti teramani 1921-1991, Lei, Sant’Omero, 1997; a cura di Gianni Oliva, Giornali e riviste in Abruzzo tra ottocento e novecento, Bulzoni, Roma, 1999; Sandro Galantini, La stampa periodica a Giulianova dall’età giolittiana al Ventennio, in Rivista “Madonna dello Splendore” n° 20, Braga, Giulianova, 2001; Cesare Marcello Conte, Giuliesi, brava gente. I Braga tipografi a Giulianova, in rivista “Madonna dello Splendore” n° 18, Braga, Giulianova, 1999. Tito Forcellese, Pietro De Dominicis, amministrazione e politica nell’Abruzzo democristiano, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2008. Luigi Ponziani, Notabili, combattenti e nazionalisti. L'Abruzzo verso il fascismo, Franco Angeli, Milano, 1988. AA.VV. La nascita del comune moderno e del Ministero dell’Interno nell’Italia Meridionale 1806-1815, Rivista Abruzzese di ricerche storiche – Archivio di Stato di Teramo, Media Edizioni, Mosciano, 2007.
Fonti archivistiche: Archivio comunale della Città di Giulianova, Archivio Parrocchia di San Flaviano; Archivio del Senato della Repubblica, Libreria del Senato, Archivio di Stato di Teramo e Archivio privato De Berardinis.
Fonti da siti web: http://www.senato.it/, http://www.giulianovaweb.it/ e http://www.lagrandeguerra.net/
Una vita dedicata agli ideali di libertà ed uguaglianza (Giulianova, 4 giugno 1893 – Teramo, 15 maggio 1973)
Di Walter DE BERARDINIS
“…la lotta paga e ripaga, sempre…”
Sen. Leo Leone
Leo, Cleto, Carlo, Alberto, Rodolfo Leone, nasce il 4 giugno del 1893, alle ore 20:00, a Giulianova nella casa posta in via Campo delle Fiere, odierna Via Migliori, quartogenito (dopo Fernando, Rachele e Mario) del noto Maestro di Musica, Luigi Leone (pianista e compositore, nato a Pomigliano d'Arco - Napoli nel 1854 e morto a Giulianova nel febbraio 1927) e di Anna Buoni Algeste. Il mese successivo, l’Arciprete, Berardo Pistilli, lo battezzerà a San Flaviano solo con tre nomi (Leo, Carlo e Alberto). Da giovane liceale subisce la prima persecuzione per aver fomentato e inneggiato all’anarchico Gaetano Bresci (l’autore dell’uccisione di Re Umberto I). A soli 19 anni, si arruola volontario nel corpo della Regia Guardia di Finanza, per la ferma di tre anni, è il 13 luglio del 1912, quando varca la scuola allievi sottoufficiali di Roma. Nei primi mesi del 1913 viene trasferito a Bologna, l’anno successivo a Napoli, e poi entra nella Scuola Allievi Ufficiali di Caserta, viene nominato Sottobrigadiere e successivamente trasferito a Messina. Il 25 maggio del 1915, a causa dell’entrata in guerra dell’Italia, egli è già in zona di guerra. Tra l’inizio delle ostilità e la IX battaglia dell’Isonzo, per la precisione sul Monte Fortin-Lucinico, il 4 novembre 1916, il suo XII battaglione viene impiegato per “passare” l’Isonzo; l’impresa gli valse la nomina a Brigadiere. Tale nomina gli consentirà di frequentare il corso di allievo ufficiale nell’arma di Fanteria, presso la Scuola militare del XIII Corpo d’Armata sotto giurisdizione della III Armata, comandata da Emanuele Filiberto Di Savoia, Duca d'Aosta. Nel settembre del 1916 è nominato Aspirante Ufficiale. Il 3 giugno del 1916, al comando di un gruppo di uomini del 142° fanteria della Brigata Catanzaro, viene ferito e fatto prigioniero nei pressi del Monte Cengio (Il 142° combatté con i Granatieri di Sardegna, con le brigate Modena, Novara e Trapani sul monte Cengio, erano i primi di giugno e la zona posta a sud dell’altopiano di Asiago venne attaccata dal I° battaglione degli Schutzen da montagna di Lubiana che conquistarono il Cengio (bottino 1400 prigionieri e 2 cannoni a lunga gittata. Seguì, pochi giorni dopo, il ripiegamento degli austroungarici dal monte conquistato, e il ritorno sulla linea delle truppe italiane).Dopo due anni di prigionia, (il rimpatrio antecedente la fine delle ostilità (8 giugno 1918), con ogni probabilità si trattò di uno scambio di prigionieri tra Austria e Italia. I primi a tornare da ambo le parti furono i feriti e i non idonei al servizio attivo, Leone infatti venne considerato “INABILE AL COMBATTIMENTO”) rivede la sua terra solo l’8 giugno 1918, quando, rimpatriato come invalido di guerra, viene messo in congedo definitivo nel 19° Fanteria. Questa terribile vicenda lo segnerà per sempre, tanto che, nel 1933, darà alle stampe il suo primo ed unico libro: K.U.K. romanzo di prigionia, con disegni di Francesco Nonni (Faenza 1885-1976) prigioniero con lui in Austria, per la casa editrice “Polemica” di Bologna. In realtà, come scriverà l’editore nella prefazione, più che di un romanzo, si trattava proprio di vita vissuta, una vera autobiografia di quei terribili due anni passati nei lager, chiamati K.U.K. Kriegsgefangenenlager (Campo di prigionia bellico), mentre l'acronimo K.U.K. stava per Kaiserlich Und Königlich (imperiale e regio), ed era il prefisso di tutti gli enti che facevano capo all'amministrazione pubblica austro-ungarica. Il volume si apre con una dedica lapidaria dell’autore: “a tutti che odiarono e si dilaniarono su tutti i fronti di battaglia; o imbestiarono in tutti i campi di concentramento: questa “particola” di umanità e offerta”. Al ritorno in patria, la condizione di estrema crisi in cui versava il paese, lo spingerà a cambiare la propria vita che sarà votata all’impegno politico, in quel processo di decadimento della vita pubblica e della crisi dello Stato liberale. Questo stato di cose lo farà avvicinare al gruppo degli intellettuali vicini a D’Annunzio e al nascente fiumanesimo. Riconoscendosi negli insegnamenti dei leader come Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo, decide di fondare una locale sezione repubblicana per la realizzazione di quella società basata sul rispetto dei diritti umani e sugli ideali liberali e socialisti. Intanto, insieme al fratello Mario e all’amico Giulio Braga, apre una tipografia, nel 1920 che chiamano “T.A.L.I.A.”, acronimo di Tipografia Artistica Libraria Industriale Abruzzese. Riprende gli studi per diventare Avvocato e torna alla sua passione: scrivere. Inizia a collaborare con la redazione milanese de “L’Italia antibolscevica”, insieme al collega Francesco Manocchia, divenendo condirettore del periodico. Erano gli anni del fiumanesimo e delle imprese d’annunziane. Poco dopo, lasciò la redazione de “L’Adriatico degli Abruzzi” (settimanale politico-letterario-amministrativo, edito a Giulianova dalla tipografia TALIA), del quale era condirettore insieme a Livio De Luca, per approdare alla direzione de “L’Idea Abruzzese” che diverrà organo regionale del fascismo abruzzese e del quale divenne Direttore con lo pseudonimo di Germinale d’Alba. Durante le elezioni della primavera del 1921, ne divenne Direttore (usciranno solo 5 numeri del periodico organo regionale dei Fasci di Combattimento Abruzzesi) con lo pseudonimo di Germinale d’Alba, per lo stabilimento Talia di Giulianova.
Intanto, il 23 aprile del 1922 a Canzano, conosce e sposa, Adelaide De Nigris, che gli darà otto figli: Anna, Costanza, Luigia, Fernando, Maddalena, Silvia, Fausto e Laura. Il 22 settembre del 1922, un manipolo di giovani fascisti, impone al giovane avvocato giuliese lo scioglimento della locale sezione Repubblicana, da lui fondata e intitolata proprio al fratello, Fernando Leone, morto nella Prima Guerra Mondiale. Il giorno stesso, l’avvocato pronunciò un commovente discorso, poi stracciò la bandiera e ne consegnò un frammento ad ogni iscritto, nella speranza di poterla un giorno ricomporre; ma poco dopo, nel ’26 il partito fu dichiarato fuorilegge.
Nel 1925 si laureò (nel 1927 si iscrisse all’albo) e a 32 anni, come avvocato, si specializzò in diritto penale. Molti suoi amici aderirono da subito all’antifascismo ed egli decise di entrare nel Partito D’Azione, considerato da lui lontano sia dalle retoriche cattoliche sia dall’influsso Comunista. Emblematica è la lettera che gli scriverà l’antifascista e martire, Renato Vuillermin, il 15 marzo 1943: “tu hai tenuto fede alla libertà. E vi tieni fede ora in momenti forse più difficili perché tanto si è fatto per obnubilarne il sacro incanto agli occhi degli Italiani, né è lontano il giorno in cui si dovrà pur rendere il dovuto omaggio ad un manipolo oscuro di eroi, i quali, superando talvolta angosce, veramente gravi per l’umana fralezza, hanno custodito intatto per i propri fratelli, al fine di renderlo loro più splendente per il lavacro di tante oscure lacrime, il tesoro delle libertà religiose, civiche, economiche e di pensiero”. L’amicizia, tra Leone e Vuillermin, nacque sicuramente nel dicembre del 1942, quando quest’ultimo fu arrestato, processato e inviato al confino proprio a Giulianova (Esponente dell'Azione Cattolica e del Partito Popolare in Piemonte, tornato al nord, dopo essere stato liberato in seguito al 25 luglio, fu incarcerato a Savona dove venne fucilato dai nazifascisti, per rappresaglia ad un'azione di sabotaggio partigiana, il 27 dicembre 1943). Dalle continue frequentazioni con De Marco e Zacaria e con i giovani antifascisti locali: Capuani, Pultroni, Ridolfi, Cerulli ed altri, nasce l’idea sempre più forte di voglia di libertà. Con Alessandro Pica, Abramo Esposito, Pasquale Di Odoardo, Lidio Ettorre, i fratelli Franchi, ed altri, fondò il movimento clandestino “Italia Libera”.
A causa dell’attività antifascista, fu tradotto in carcere a Pescara ma riuscì a fuggire e, imbarcatosi, si diresse verso sud. Giunto, tra mille peripezie a Bari, assieme ad altri antifascisti, con lo pseudonimo di “Ennio e Glauco” trasmetteva numerosi programmi, in primis “Italia Combatte”, rivolto soprattutto alla popolazione che era al ridosso del fronte, con svariate notizie: testimonianze, azioni di guerriglia, attività antifasciste e informazioni per le formazioni partigiane.
A liberazione avvenuta, riprese l’attività politica con il Partito Repubblicano. Sempre nelle file repubblicane, nel 1946 (poi anche nel 1962), fu eletto consigliere comunale. Ma già il 23 febbraio del 1946, aderì al PCI, uscendo fuori da un partito alla deriva, dilaniato da continue liti e divisioni interne tra i radicali democratici e l’anima socialista. Il 2 marzo dello stesso anno, il PCI gli affidò la direzione dell’ufficio legale; gli avversari lo consideravano: l’Avvocato degli straccioni, per via dei continui patrocini alla povera gente. Intanto il PCI lo farà candidare alle elezioni provinciali del 1951, nel collegio di Notaresco (con 3.219 voti sarà eletto alla provincia a discapito del democristiano Pirocchi 3.151). Sul finire degli anni ’50, intreccerà una relazione con la giuliese Amina Rossi, nota sarta in attesa della separazione dal marito, Alberto Di Marco, poi emigrato in Belgio. Galeotto fu l’incontro nel suo studio, dove appunto gli stava seguendo proprio la sua pratica. Da questa relazione nacquero due figli che porteranno il cognome del Di Marco: Laura Margherita (1949-1956), scomparsa prematuramente per malattia e Carlo nato nel 1952. Intanto il PCI abruzzese e molisano lo fa eleggere Senatore della Repubblica per due legislature: la II° (25 giugno 1953-11 giugno 1958) e la III° (12 giugno 1958-15 maggio 1963), attraversate da ben 11 governi democristiani (De Gasperi, Pella, Fanfani, Scelba, Segni e Zoli per la II° e Fanfani, Segni, Tambroni, Fanfani e di nuovo Fanfani per la III°) e con ben tre Presidenti della Repubblica (Luigi Einaudi, Giovanni Gronchi e Antonio Segni). Fece parte della 2° Commissione permanente Giustizia e per le autorizzazioni a procedere. Eletto nel collegio "Abruzzi e Molise", fece sempre parte del Gruppo Comunista (tranne nel periodo 25 giugno 1953 - 23 febbraio 1954 quando era membro del gruppo di Indipendenti di sinistra). Molti i disegni di legge proposti e numerose le sue interrogazioni parlamentari orali e scritte. Fece parte della Commissione speciale per l’esame del disegno di legge recante provvedimenti straordinari per l’Abruzzo, nel 1958/1959 e per la Capitale nel 1962. Nel 1957 si occupò, in sede parlamentare, dei moti del 1957 a Sulmona, contro il trasferimento del Distretto Militare a L'Aquila e della crisi della Valle Peligna. Presentò la relazione, per la minoranza, sulla domanda di autorizzazione a procedere contro il Sen. democristiano Pier Carlo Restagno, accusato di concorso in peculato in relazione all’affare Poligrafico di Stato nel 1957 e nel 1958 contro il Sen. Ragno.
Per conto del PCI fu incaricato di prendere parte al collegio di difesa nel disastro della miniera di Marcinelle (8 agosto 1956), nei pressi di Charleroi in Belgio. Dopo l’attività parlamentare riprese l’attività politica locale e la professione forense, finché, alla veneranda età di 79 anni (mancava solo un mese al compimento degli 80 anni) morì a Teramo il 15 maggio 1973.
I funerali, celebrati nella Chiesa della Natività di Maria Vergine di Giulianova, videro la presenza di numerose autorità civili e militari. Oltre alle esequie religiose, ci fu anche un orazione civile da parte di numerosi esponenti tra i quali: Romolo Trifoni allora sindaco della città; l’Avv. Alberto Valente, a nome del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Teramo; l’On. Luigi (Tom) Di Paolantonio, compagno di partito. Mentre in Consiglio Comunale il discorso di commiato fu fatto dal vicesindaco, Antonio Franchi. Nella 159° seduta pubblica della IV° legislatura al Senato, del 24 maggio 1973, il Sen. Caludio Ferrucci, del PCI; il Ministro di Grazia e Giustizia, Guido Gonnella e la Senatrice, Tullia Romagnoli Carettoni, a nome della Presidenza del Senato, all’apertura dei lavori, presero la parola per un breve commiato per l’Avv. Leone. Tutti gli interventi citati, sono stati riportati per intero nel 30° anniversario della liberazione (25 aprile 1945-25 aprile 1975), nel libro-ricordo edito dal Comune di Giulianova, tal titolo In memoria di Leo Leone.
A conclusione di questo breve profilo, credo si debba valorizzare ancora di più questo nostro concittadino, per l’esempio di dedizione al lavoro e all’impegno civile verso i ceti meno abbienti. Una persona che ha dato, in tutti settori, ampia dimostrazione che con umiltà e serietà, si possono fare grandi cose per la propria comunità. Molti storici locali si sono dibattuti sulla sua adesione alle idee fasciste, per via delle sue collaborazioni giornalistiche con alcuni periodici locali e nazionali, durante l’ascesa al potere di Mussolini. Sinceramente non sono in grado di affermare quest’ultima tesi, anche perché molti fatti da me citati sono di tutt’altro genere. Credo sicuramente che in quel periodo Leone avesse a cuore le sorti del proprio paese e aveva intuito che bisognava dare il proprio contributo all’elevazione morale della propria gente, per sconfiggere la dilagante anarchia. Oggi la città lo ricorda con una via a lui dedicata (nella zona nord – ridosso della ferrovia), sinceramente troppo poco. Il mio breve saggio (di sicuro non esaustivo) vuole essere uno pungolo per studiare e approfondire la vita e le opere del Sen. Leone, soprattutto tra le giovani generazioni. Propongo, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia (1861-2011) di ristampare in copia anastatica il suo romanzo: K.U.K. romanzo di prigionia, per poi farne opera di divulgazione attraverso le scuole.
Per le informazioni ricevute si ringrazia: Carlo Di Marco e Fausto Leone, figli; Don Domenico Panetta, Parroco di San Flaviano; Ottavio Di Stanislao, Archivio di Stato di Teramo; Sandro Galantini, Direttore della Biblioteca “Padre Candido Donatelli”; Donatella Neri, Libreria del Senato di Roma e Adele Crocetti, ufficiale stato civile; Giovanni Dalle Fusine e Alessandro Gualtieri, rispettivamente: Direttore e Direttore editoriale del sito web: http://www.lagrandeguerra.net/
Bibliografia: AA.VV., In Memoria di Leo Leone, Comune di Giulianova, 1975; Leo Leone, K.U.K., romanzo di prigionia, Polemica casa editrice, Bologna, 1933; AA.VV., Renato Vuillermin e l’antifascismo cattolico, Rivista abruzzese di studi storici dal fascismo alla resistenza, L’Aquila, 1981; Riccardo Cerulli, Giulianova 1860, Abruzzo Oggi, Teramo, 1968; Luigi Ponziani, Due secoli di stampa periodica abruzzese e molisana, Interlinea, Teramo, 1990; Aldo Marroni, Catalogo dei periodici abruzzesi posseduti dalla Biblioteca civica “Vincenzo Bindi” di Giulianova, l’Officina, Roseto Degli Abruzzi, 1984; Sandro Melarangelo e Marisa Di Pietro, Storia dei Comunisti teramani 1921-1991, Lei, Sant’Omero, 1997; a cura di Gianni Oliva, Giornali e riviste in Abruzzo tra ottocento e novecento, Bulzoni, Roma, 1999; Sandro Galantini, La stampa periodica a Giulianova dall’età giolittiana al Ventennio, in Rivista “Madonna dello Splendore” n° 20, Braga, Giulianova, 2001; Cesare Marcello Conte, Giuliesi, brava gente. I Braga tipografi a Giulianova, in rivista “Madonna dello Splendore” n° 18, Braga, Giulianova, 1999. Tito Forcellese, Pietro De Dominicis, amministrazione e politica nell’Abruzzo democristiano, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2008. Luigi Ponziani, Notabili, combattenti e nazionalisti. L'Abruzzo verso il fascismo, Franco Angeli, Milano, 1988. AA.VV. La nascita del comune moderno e del Ministero dell’Interno nell’Italia Meridionale 1806-1815, Rivista Abruzzese di ricerche storiche – Archivio di Stato di Teramo, Media Edizioni, Mosciano, 2007.
Fonti archivistiche: Archivio comunale della Città di Giulianova, Archivio Parrocchia di San Flaviano; Archivio del Senato della Repubblica, Libreria del Senato, Archivio di Stato di Teramo e Archivio privato De Berardinis.
Fonti da siti web: http://www.senato.it/, http://www.giulianovaweb.it/ e http://www.lagrandeguerra.net/
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