Intervista a Margherita De Berardinis
Missionaria laica del VIS – Volontariato
Internazionale per lo Sviluppo
Una giuliese protagonista in terra africana
di Walter De Berardinis
È nata a Giulianova 55 anni fa, dall’età di 20anni ha sempre avuto l’attenzione per le persone in difficoltà. Ha sempre pensato di partire per il continente africano, poi gli eventi e i destini si sono fermati a Roma, dove si è sposata ed oggi ha due figli. Dirige un negozio di arredamenti sacri proprio vicino alla Città del Vaticano. La voglia di aiutare gli altri è stata sempre una sua prerogativa, ed infatti ha aiutato un bambino di due anni in difficoltà familiare; poi un ragazzo con problemi fisici, poi operato alla schiena al Bambin Gesù di Roma, era un ragazzo di colore del Kenia; poi da circa 10anni ha adottato un ragazzo romano. Oggi, tutti la chiamano mamma.
Da molti anni, avendo un’attività commerciale che le permette di stare a contatto con diverse realtà del mondo è stata coinvolta nel VIS-Volontariato Internazionale Sociale di Roma, per aiutare i paesi del terzo e quarto mondo. In particolar modo il continente africano: Angola, Congo e Burundi, i tre paesi del centro-africa colpiti dalla guerra civile. Essendo un ONG – Organizzazione Non Governativa è partita come Missionaria laica. Noi le abbiamo fatto alcune domande.
Margherita come funziona e come si entra in una ONG?
Nel mio caso specifico io sono entrata nel VIS di Roma, ma ci sono tantissime ONG sparse per il paese. Il primo anno devi frequentare una sorta di corso e comunità che ti prepara ad affrontare le varie fasi dell’assistenza, perché è veramente dura andare in quei posti, se non sei preparata il giorno dopo scappi, vi posso assicurare che non è una passeggiata, li la gente soffre davvero.
Quindi tecnicamente come avviene l’inserimento?
Si parte con un gruppo di 10-12 persone per fare un percorso formativo, per capire il meccanismo di cosa succede nei vari paesi del mondo. Quello che fanno vedere in televisione è la punta di un iceberg, sono solo lo strumento per chiedere aiuto in termini economici, poi ci si scontra con la dura realtà della vera miseria. Di solito chi termina questo percorso formativo rimane fino alla fine. Per capirci, chi parte per i paesi poveri non va per farsi il viaggetto, tra l’altro se lo pure paga ed non si viene neanche rimborsati. Chi ha anche possibilità di donare qualcosa lo fa nelle missione dove sarà destinato. La prima volta ci si sta almeno un mese, almeno per capire ed elaborare il dolore che provano queste persone, poi le permanenze si allungano.
C’è una figura tipo del missionario laico che parte per questi paesi?
No! Ci sono giovani e meno giovani, ricchi e meno ricchi, con bassa scolarizzazione fino ad arrivare al manager dei tempi nostri, insomma oltre ad essere per forza maggiorenni il resto non conta, le missioni sono aperte a tutti.
Come è una giornata tipo? Cosa fa un missionario laico?
Naturalmente posso risponderLe solo per quello che ho vissuto io in prima persona, ogni missionario ha una propria giornata tipo. Io sono stata in Africa tre volte, mentre mio marito ben 5 volte consecutive. I mesi sono stati da 1 a 3 mesi, certo che c’è gente che fa un esperienza di vita anche di due e più anni. Addirittura conosco una coppia di miei amici che si sono portati dietro anche i loro figli in Brasile. Ritornando alla sua domanda, Le dico subito che di solito si arriva in una missione già individuata, io sono andata in una missione gestita dai Salesiani. La mattina la prima cosa che facciamo è la preghiera, ma non per un discorso asettico, ma per darci forza tra di noi, guardi che ogni giornata è dura. Poi iniziano le varie attività, c’è chi si occupa dei più piccoli facendoli giocare; ci sono i ragazzi che devono seguire le lezioni scolastiche; ma ci sono anche i più grandi che iniziano le esperienze lavorative nei laboratori.
Cosa ti lascia dentro un’esperienza di queste?
Non ci sono parole, quando guardi lo sguardo di questi ragazzi veramente riconosci la sofferenza, ma anche la gioia nei loro occhi per ogni gesto che fai, anche un sorriso per loro è speranza. Spero che la gente certe volte possa trovare un momento di pausa della loro vita per dedicarsi alla sofferenza verso gli altri. Io lo spero
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